giovedì 11 dicembre 2014

SOS La scuola chiede aiuto ai cittadini

Passaparola per la ricerca di reflex digitali usate da destinare a una scuola statale di Finale Ligure (SV).
I problemi burocratici vengono scavalcati dall'iniziativa di docenti e genitori
.

Sulla scuola statale si è investito ben poco negli ultimi anni, eppure dovrebbe essere considerata il cuore della civiltà dove si formano i ragazzi che domani dovranno creare attività produttive, mandare avanti il Paese a vantaggio della collettività.

Capita allora che, se in una scuola manca un attaccapanni, la carta igienica, un mobiletto dove sistemare attrezzi e strumenti, siano i genitori degli allievi a provvedere con una colletta. Un crowd-funding alla buona.

Molte scuole in Italia non sono messe bene, dalla mancata messa in sicurezza degli edifici fin giù di lì e il senso di frustrazione del corpo docente che avrebbe competenze da trasmettere ma non ha attrezzi e strumenti disponibili, è deprimente.

Il problema è che di mezzo ci si mette la burocrazia per l’acquisto di materiale didattico che porta via tempi biblici per averlo e, tra richiesta, valutazione, delibera e partenza dell’ordine, a volte strumenti ed attrezzature sono già obsolete quando poi arrivano nella scuola”.

Ai tempi della crisi, in certi casi sono gli stessi docenti che mettono mano alla tasca detraendo dal proprio stipendio 50-100,00 euro al mese per acquistare quel che riescono per scavalcare questa burocrazia.

Alla scuola è richiesto di essere azienda ma dell'azienda non ha né la snellezza nelle attività di spesa né tantomeno la possibilità di vendere servizi o prodotti (che per un professionale potrebbe essere un modo per autofinanziarsi).
Un esempio concreto: una scuola ha vecchie macchine fotografiche analogiche, ma usarle è obsoleto e troppo costoso (rullini e sviluppo costano)... Venderle dunque ad un amatore mettendole all'asta con Ebay? La burocrazia lo complica infinitamente, così vengono tenute lì, ferme a prendere polvere, in uno stallo che è poi il triste stallo dell'iperburocratizzata Italia.

Servono quindi fotocamere digitali usate (funzionanti) in regalo per l’IPSIA Servizi Commerciali di Finale Ligure.
Le attrezzature fotografiche servono per il corso di Graphic Design e Fotografia.


Le attrezzature possono essere inviate, allegando una lettera di accompagnamento (*) in cui si specifichi che trattasi di donazioni a:

IPSIA Servizi Commerciali
via Ghiglieri, 10
Finale Ligure (SV)
Tel. 019 690228

(*) Lettera da allegare alla spedizione:

La proposta di donazione deve essere preceduta da una lettera della società, associazione o privato cittadino indirizzata al Dirigente Scolastico, che segnala la disponibilità a fornire il bene usato. Nella proposta di donazione sono dichiarati: 
  1. il nome, il cognome, la residenza del proponente, se è persona fisica, ovvero la sua denominazione e la sua sede, se è persona giuridica;
  2. la volontà di donare il bene mobile (animus donandi) usato;
  3. la marca, il modello, il costo indicativo;
  4. fattura di acquisto del bene
Nella proposta di donazione il donante può esprimere una preferenza non vincolante sulla destinazione del bene.


Al Dirigente Scolastico
dell'Istituto di Istruzione Superiore
IPSIA Servizi Commerciali
Via Ghiglieri, 10
17024 Finale Ligure (Sv)
////////////////////////////////////

OGGETTO: lettera di proposta di donazione di ………………………

Con la presente, il sottoscritto ………………………………………. nato a…………….….. il …………... [eventualmente aggiungere: non in proprio ma in qualità di ……………………………..…….. della Società / Ente ………….…………………….., con sede legale in ………………………….., avente CF/P.Iva…………………………….., nel pieno esercizio dei propri poteri di rappresentanza, in forza di ……….… (citare estremi atto di conferimento poteri)]

 DICHIARA
  • di voler donare all'Istituto di Istruzione Superiore di Finale Ligure per le esigenze dell' IPSIA Servizi Commerciali  il seguente bene usato.......................................................................................................
  • che la presente donazione è dettata da puro spirito di liberalità. 
  • che l’oggetto della presente donazione, rispetto alla capacità economice patrimoniale del finanziatore, è da intendersi di modico valore indicicativamente quantificabile in...................
  • che il bene in oggetto risulta frutto di acquisto legale come da documentazione allegata.

Cordiali saluti.
Luogo e data: …………....…..
 
In fede
……………………………………..





lunedì 1 dicembre 2014

Pictures.of.you, la radio che parla di fotografia

Un'intervista in esclusiva agli artefici della trasmissione pictureofyou della Poli.Radio, la prima radio in Italia che parla di fotografia. Ecco Barbara La Malfa e Daniele Ferrini cosa ci hanno raccontato.

Daniele Ferrini e Barbara La Malfa © Luca Nizzoli Toetti 
Ho intercettato una notizia sui social che ha catturato la mia attenzione; c’è una radio che parla di fotografia e già questo è un fatto “anomalo” in un periodo in cui si tende a produrre una gran quantità di foto ma dove in pochi ne parlano se non in qualche circolo fotografico o su riviste specializzate ma spesso senza andare oltre la discussione tecnica e critica di essa e con foto alla mano.

Sono del parere che parlare di fotografia, specie se è trattata da persone che non necessariamente debbano essere fotografi ma competenti di comunicazione e conoscitori dell’estetica nel senso filosofico del termine, serve a coltivare un’educazione consapevole dell’utilizzo del mezzo.

Altra cosa che mi ha colpito è che una puntata di pictureofyou della Poli Radio ha trattato il 18 novembre di crossmedialità ed interconnessioni della fotografia.

Penso che le connessioni multidisciplinari siano l’ingrediente migliore per il cambiamento. Ne ho parlato spesso anche su Artisti Utili ma purtroppo non ho ascoltato la trasmissione e quindi, spinto dalla curiosità, ho cercato di saperne qualcosa da Barbara Gemma La Malfa di 6gradi, curatrice della comunicazione di picturesofyou.


D – Leggo i post sui social che in una delle ultime puntate avete parlato di “Fotografia Bastarda”, contaminazioni fotografiche. Cosa è successo?

R (BARBARA E DANIELE)– In ogni puntata cerchiamo di esplorare un tema e declinarlo in ogni sfaccettatura possibile. Il tema di fondo di quella puntata è stato la crossmedialità nel campo fotografico e le contaminazioni che ne derivano: un tema che si presta particolarmente al nostro format in quanto riassume tutti gli ingredienti e le tematiche che hanno portato alla definizione di pictures.of.you. Si è parlato di Transizioni, iniziativa che si è tenuta a fine Novembre a Bologna nella sua edizione zero dove la fotografia può offrire una nuova dimensione di storytelling attraverso il concetto di proiezioni, dove immagini ferme assumono un ruolo diverso nell’editing e anche nel legame di brani musicali. Abbiamo potuto parlare con Francesco Acerbis, uno degli organizzatori della manifestazione, che, come noi, vede un futuro roseo per la fotografia ma estremamente connesso ad altre forme espressive: lo slide show prende il posto dell’album di famiglia e la cosa non deve scandalizzare, anzi, bisogna perseguire l’uso di nuovi linguaggi. Oltre all’organizzatore Francesco Acerbis, è intervenuto in diretta Anthony Sherin che ha parlato del suo piccolo gioiello Piano Solo NYC, che abbiamo reinterpretato in un esperimento radiofonico aggiungendo la dimensione delle parole al magico mix di fotografie e musica. Per chiudere in bellezza abbiamo avuto l’onore di ospitare Alessio Bertallot, storico speaker che ha fatto della crossmedialità il suo credo e che ci ha fatto da spalla in un back-to-back radio-fotografico molto interessante: a fronte di un brano scelto da Alessio lo staff della trasmissione ha risposto con fotografie connesse in qualche modo alle note della canzone.


D – Chi è l’artefice di pictureofyou Poli Radio, come nasce, tu di cosa ti occupi in merito?

R (BARBARA): pictures.of.you nasce dalla mente di Daniele Ferrini che tre anni or sono ha pensato bene di imbarcarsi in quest’avventura, giunta ora alla terza stagione. E’ una creatura che abbiamo visto crescere, un coraggioso esperimento radiofonico partito dall’esigenza di parlare di fotografia come espressione culturale, dando risalto a tutti i piccoli e grandi movimenti che la rendono un linguaggio affascinante e complesso.

La scelta di farlo tramite la radio è indice della volontà di uscire dai canali tradizionali e dagli appiattimenti che portano a parlarne solo tramite i tecnicismi e i materiali. Pictures.of.you nasce con la volontà di realizzare un appuntamento fisso per scoprire le diverse sfaccettature di un mondo culturale troppo legato ai soliti nomi e ai soliti paradigmi: si è spesso cercato di dare risalto a realtà coraggiose, innovatrici e anche poco note. E’ proprio per questo motivo che la trasmissione anno dopo anno riesce a raccogliere sempre maggiori consensi e attestazioni di stima da parte del pubblico, degli addetti ai lavori nel mondo della fotografia, dei fotografi e dei giornalisti, che ci lusingano e ci fanno credere sempre più nel progetto: un noto blogger fotografico ha detto che siamo la più “conradiana” delle trasmissioni radiofoniche, non avrei potuto sperare in nulla di più bello!

R (DANIELE): Il sodalizio con Barbara e il suo 6GLAB ha permesso di dare ulteriore forma alla nostra realtà. A prima vista radio e fotografia sembrano in antitesi, ma in realtà non sono soltanto complementari ma intimamente legate. Guardando il panorama italiano, sembra di parlare di qualcosa di fantascientifico vista la totale assenza nei canali tradizionali di appuntamenti interamente dedicati alla fotografia. Nel nostro piccolo crediamo di aver fatto qualcosa di importante e possiamo dire che il nostro è il primo programma che ha saputo portare la fotografia in radio con questa progettualità. Il fatto che l’emittente sia Poli.Radio, la webradio degli studenti del Politecnico, molto attiva e anticipatrice di nuovi linguaggi, è un segnale forte di come il panorama radiofonico tradizionale sia poco recettivo in tal senso. Ma vediamo che qualcosa in tal senso si sta muovendo e alcune delle idee che abbiamo seminato sono state riprese in modo più o meno lecito in qualche canale.


D – Che ruolo hai tu in radio e chi sono gli altri conduttori, di cosa si occupano, come nascono?

R (BARBARA) – Io sono entrata nel team lo scorso anno e devo dirti che questo programma mi sta regalando grandi soddisfazioni. Il mio ruolo è quello di responsabile di redazione di questa piccola orchestra foto-musicale; insieme a Daniele propongo i temi delle puntate, coinvolgo gli ospiti e diffondo il verbo attraverso 6Glab, costola fotografica e laboratorio di idee della mia agenzia di comunicazione Seigradi. I miei prodi compari sono Daniele Ferrini, che è l’ideatore e il conduttore del programma, e Ferrante Orcese, nostro fidato direttore tecnico. Il bello di questo gruppo è che ognuno di noi ha un impiego, Daniele e Ferrante peraltro in tutto altro ambito! Ma tutti e tre lo consideriamo un lavoro dove investiamo interessi personali, progettualità, passione e anche molto tempo. Siamo un team di entusiasti e questo permette di lavorare ancora meglio e di alzare l’asticella dopo ogni puntata.


D – Come è possibile parlare di fotografia in radio senza vederne?

R (DANIELE) – Sarei tentato di rispondere: come parlare di cinema in radio senza apprezzarlo? Come parlare di cibo e vini in radio senza poterli assaggiare? Come parlare di viaggi in radio pur rimanendo fermi? La risposta ha due aspetti. L’immagine, il risultato di un click, è l’ultimo passaggio di un processo che mette assieme dinamiche culturali, istanze storiche, intrecci emotivi. Si può parlare di fotografia concentrandoci su tutto quello che può non emergere in un primo momento, ma che è presente e può essere scoperto discutendone. Soprattutto, parlare di fotografia ci permette di interagire con gli stessi fotografi che in realtà sono molto meno silenziosi di quanto si creda. Il secondo punto è molto personale ma credo riscontri una certa oggettività: la radio è l’unico mezzo di comunicazione che riesce a solleticare l’immaginazione e riesce a creare canali comunicativi molto più ricchi rispetto al mondo della televisione.


D – Gli ospiti dell’ultima puntata? Chi erano? Di cosa hanno parlato?

R: Nell’ultima puntata abbiamo parlato del sottile legame tra fotografia e scultura con il contributo di due curatori. Francesco Stocchi del museo Boijmans di Rotterdam ci ha parlato della mostra Rosso, Brancusi, Ray. Framing picture dove è stato evidenziato un forte legame tra il mondo delle immagini della fotografia e quello fisico della scultura attraverso il percorso di tre artisti che hanno saputo mediare tra i due linguaggi. La Dottoressa Maffioli, curatrice della mostra Ri-conoscere Michelangelo organizzata a Firenze, ha raccontato come le opere michelangiolesche siano state reinterpretate da molti fotografi e come queste nuove visioni abbiano un impatto diretto nella fruizione delle stesse opere d’arte.


D – Gli ascoltatori possono intervenire in diretta?

R (BARBARA)– Certo che sì, sono i benvenuti. Il nostro studio è aperto a chiunque voglia venire a trovarci in diretta e partecipare attivamente alla trasmissione, oltre che condividere con noi la “migliore pizza di Milano”… gli ospiti che sono venuti a trovarci possono confermare!!! A parte gli scherzi, oltre ad accogliere in studio, cerchiamo di interagire con gli ascoltatori il più possibile attraverso i diversi canali: la chat in diretta, la messaggistica Whatsapp o la pagina Facebook del programma. Quest’ultima è di gran lunga quella preferita, quella che mi vede maggiormente coinvolta durante la trasmissione, anche perché ci permette di entrare nella dimensione visiva che a volte è imprescindibile nel parlare di fotografie.


D – Come nascono le puntate del palinsesto? Come vengono decisi i contenuti? Che tipo di pubblico avete?

R (BARBARA)– Le puntate possono nascere da sessioni di brainstorming come da una conversazione casuale; siamo attenti a ogni stimolo esterno, pensiamo ad un tema e da lì ci sbizzarriamo tessendone la tela. Spesso i contenuti nascono in maniera così spontanea che non ce ne si rende neanche conto, quando ciò di cui si va a parlare corrisponde anche alla propria passione tutto diventa più facile!

R (DANIELE) - La trasmissione si rivolge ad un pubblico eterogeneo che abbia un’attenzione per quella che è la realtà fotografica: dall’appassionato agli addetti ai lavori. Ha un taglio narrativo e attento ai giovani e tratta di uomini e storie.

Le puntate sono dei veri contenitori: scegliamo un tema centrale da discutere con i diversi ospiti e attraverso le differenti anime fotografiche. Sono puntate dal respiro molto ampio, dove riusciamo a trovare interconnessioni tra sfaccettature della fotografia molto variegate. Ci piace indossare i panni degli ascoltatori stessi, immaginando di interpretare le loro curiosità e i loro interessi. Senza dimenticare il ruolo fondamentale della musica e delle canzoni, scelte sempre a tema per realizzare un’esperienza totale. Il bello di trasmettere sul web ci permette di avere un pubblico molto variegato sia dal punto di vista geografico e anagrafico. Partiamo da una base di ascoltatori giovani nell’arco di fascia dei ventenni e trentenni. Nel corso del tempo abbiamo notato l’interesse di un pubblico anche più maturo.




martedì 25 novembre 2014

Perché non chiedere all’amico fotografo “qualche foto”

È sempre imbarazzante per un fotografo professionista ricevere la classica domanda da un amico "la porti la macchina fotografica per fare qualche foto”?
Molti non sanno dire di no e ciò comporta dei problemi per il fotografo di cui spesso l’amico non ne è a conoscenza.
Però un paio di strade per avere foto gratis ci sono…


A volte è un semplice conoscente che ti ritiene persona amica e si ricorda di te quando deve documentare con “qualche foto” un proprio evento.
È ovvio che, se ci tieni particolarmente a una tale persona, cercherai di accontentarla senza far pesare la richiesta. In fondo il fotografo è una persona generosa a prescindere, altrimenti non farebbe questo mestiere: la sua passione nasce per condividere con altri ciò che osserva.

Ecco alcuni motivi per cui un fotografo potrebbe rifiutarsi di fare foto gratis:

non faccio foto gratis
Usura dell’attrezzatura fotografica
Chi non è fotografo pensa che oggi scattare foto non costi nulla perché non ci sono costi di pellicole, sviluppo e stampa.
Ma non è così.
Nell’arco di un anno mi è capitato di portare in assistenza un obiettivo che, lavorando lavorando, gli si erano saltati i circuiti interni. Costo totale 200,00 euro e mi è andata bene.

Il corpo macchina (la fotocamera, la macchina fotografica, per intenderci) è soggetto a usura nel tempo: più volte si scatta e più invecchia. A un certo punto l’otturatore interno non funzionerà più come deve. Si incepperà. Morirà. Le schede di memoria riutilizzate più volte, improvvisamente ci lasceranno a piedi.

Anche il sensore CCD, l’organo che cattura l’immagine, si usura nel tempo. A lungo andare perde pixel per strada. Il fotografo vede le proprie foto ingrandite sul monitor e bestemmia quando si accorge che certi puntini bianchi sulle immagini sono più di due o tre.

Usura del proprio corpo
Un fotografo professionista non si risparmia quando lavora e costringe il proprio corpo a una serie di sollecitazioni che come minimo portano stanchezza fisica, in alcuni casi all’usura nel tempo di schiena, ginocchia, occhi.

Correre sul punto in cui si svolge l’azione potrebbe farlo inciampare e provocargli una frattura, una distorsione, una lussazione alla spalla.
Flettersi sulle ginocchia e rialzarsi più volte, comporta stress a schiena e ginocchia.

Alcuni fotografi soffrono anche di tunnel carpale, una patologia alla mano che può verificarsi per il continuo utilizzo del mouse durante la fase di postproduzione delle immagini.
Si tratta di malattie professionali che non vengono riconosciute come tali e solo se il fotografo stipula una polizza assicurativa privatamente (di tasca propria) potrà beneficiarne.

Tempo
Forse si pensa che fare “qualche foto” significhi semplicemente fare click sul pulsante di scatto durante l’evento e la storia finisce lì. Ma non è così.
Un fotografo professionista dedica molto più tempo alla fase successiva della ripresa.

Si tratta di correggere le immagini, ritoccarle, mettere a posto i colori, scartarle per fare una selezione e poi, dopo l’operazione di photo editing, c’è la fase di storage, quella di conservazione delle foto. Perché un fotografo professionista non getta a casaccio le foto nell’hard disk, ma le conserva, archiviandole, usando un database. Farà in modo che anche dopo 10-20 anni quelle foto potranno essere da lui ritrovate facilmente se l’amico gliele richiederà perché le ha perse.
Perché l’amico non fa i back up. Perché l’amico non sempre sa dove conserva le cose.

E tutto ciò si chiama tempo. Tempo che viene tolto al lavoro del fotografo che invece potrebbe impiegare in altro per guadagnare qualcosa.

Costi
Non ci sono solo i costi di manutenzione di un’attrezzatura fotografica.
Per lo storage ad esempio, il fotografo deve acquistare sempre nuovi supporti per l’archivio man mano che cresce: DVD, CD, hard disk.
Poi ci sono altri costi di gestione dell’attività di un fotografo e ne cito solo alcuni:
  • Aggiornamenti dei software per il computer
  • Manutenzione del computer
  • Commercialista
  • Fitto dello studio
  • Aggiornamenti professionali (anche un professionista non smette mai di frequentare corsi e workshop che hanno un loro costo)

Torniamo all’amico che ti chiede “qualche foto”.
Perché lo chiede a te e non a un altro?
Forse perché ti reputa veramente un amico.
Perché crede che ti faccia piacere.
Non conosce nessun altro che abbia una fotocamera.
Tutti i suoi amici più fidati saranno impegnati in altro durante l’evento e quindi non avrà nemmeno la possibilità di contare su qualche scatto fatto coi fotofonini.
Perché sei bravo.

Occorrono anni per essere un bravo fotografo
Ecco, forse perché sei bravo. Infatti fai il fotografo per lavoro.
Per essere un bravo fotografo tu sai che ci hai messo degli anni per imparare a fare buone foto. Hai studiato, hai fatto ricerca, hai sperimentato, hai fatto errori che ti hanno fatto perdere i primi clienti, hai imparato a capire al volo la gente e i suoi stati d’animo e quindi sai coglierne con un click le espressioni giuste al momento giusto, sai come devi muoverti in un determinato contesto, sai quando puoi e non puoi usare il flash, sai inquadrare in una frazione di secondo, conosci la direzione del sole in ogni stagione, sai raccontare qualcosa in 10 scatti, sai prevedere ciò che deve essere ripreso, sai usare il Photoshop ecc. ecc.

Insomma, ci hai messo degli anni per imparare a fare la foto che farai domani. Non so se rendo.

Sei un bravo fotografo ed hai deciso che questo è il tuo lavoro. Quello che ti consente di avere il piatto a tavola, pagarti le tasse e le bollette, la benzina o i biglietti per i trasporti pubblici… vivere, in poche parole.

Ma posso farle le foto gratis?
Teoricamente un fotografo professionista non dovrebbe fare foto gratis. Fiscalmente parlando.
È infatti d’obbligo l’emissione di una fattura, una ricevuta fiscale per ogni sua prestazione.
Può fare una fattura anche di 10,00 euro ma ciò non so fino a che punto potrebbe convenirgli.
Già digitare descrizione ed importo della fattura, stamparla e consegnarla, porta via tempo (il tempo è lavoro, ricordi?) anche se la invii via e-mail.
Ma in fondo non è un crimine concedere qualche volta un po' del proprio lavoro gratuitamente quando fa piacere.

"Ti metto in mano la mia digitale"
Potrebbe succedere allora che l’amico ti dica che ti presta la sua reflex e poi se la vede lui.
Come la mettiamo?
Non sarebbe molto professionale perché tu sai che una foto è una foto quando gestazione e parto sono dell’autore. Quando l’hai seguita dallo scatto allo scarto alla post-produzione.

L’amico potrebbe mettere in circolazione sui social immagini che tu avresti scartato e succederebbe che se qualcuno chiedesse chi diavolo ha fatto quelle foto, ti bruceresti qualche potenziale cliente.
Ti conviene anche se si tratta di un favore fatto in via amichevole?
Pensaci.

Scambio di lavoro
Personalmente mi è capitato di fare qualche servizio fotografico gratis, ma per carissimi amici che mi hanno fatto guadagnare in passato molto di più di quanto avessi chiesto per il favore gratis.
E l'ho fatto con piacere.
Non è la regola, ma quando si crea una sinergia sul lavoro fatta di rispetto reciproco e lealtà, si può fare.

Una soluzione ci sarebbe… lo sponsor tecnico
Se sei un’amico di un fotografo e ti piacerebbe che sia lui a documentare fotograficamente un evento che hai organizzato ma non hai un euro da dargli perché dovrai sostenere tutte le spese di allestimento, comunicazione, stampa locandine e manifesti, buffet, fitto della sala ecc. ecc. puoi giocarti la carta dello sponsor tecnico.

Ci sono fotografi che sono disposti a fornire una propria prestazione professionale gratuitamente in cambio della visibilità del proprio nome per tutta la durata dell’evento. Dal lancio del primo comunicato stampa alla fine.
Questa operazione si chiama sponsorizzazione tecnica: non c’è passaggio di denaro ma uno scambio di benefit tra le parti. L’amico che organizza l’evento avrà il proprio servizio fotografico in cambio della visibilità al fotografo su tutta la comunicazione dell’evento stesso.

L’accordo ovviamente non conviene assolutamente farlo verbalmente per evitare incomprensioni, equivoci, malintesi che farebbero perdere un’amicizia.
Occorre infatti sottoscrivere un documento in cui siano specificati tutti i punti relativi allo scambio.


Questi sono solo dei consigli, poi ognuno è libero di fare ciò che ritiene più opportuno a seconda di quanto voglia dare al proprio lavoro un brand professionalmente etico.

Se sei socio dell’Associazione Culturale Photo Polis e intendi stipulare un accordo di sponsorizzazione tecnica con l’amico fotografo (o se sei tu l’amico fotografo fa lo stesso), avrai tutte le info del caso gratuitamente. Scrivi a associazione@photopolis.org per saperne di più.



lunedì 24 novembre 2014

Una foto a Capri in una giornata a rischio

Quando la redazione di un giornale ti incarica di realizzare delle foto al volo e non hai il tempo per organizzarti al meglio, devi sapere che vai incontro a dei rischi e devi saperli fronteggiare.
Ecco cosa potrebbe accadere...

Non era ancora iniziata l'estate '94 e il photo editor della redazione di Napoli di Repubblica mi chiese delle foto di una ragazza coi faraglioni di Capri sullo sfondo.

All'epoca avevo un nutrito database di amiche e ragazze fermate per strada, sugli autobus, nelle discoteche, alle quali proponevo di far parte del mio schedario che usavo per contattarle quando se ne sarebbe presentata la necessità in cambio di un compenso.

Per le foto di Capri contattai una bella ragazza che conobbi tramite un avviso che misi su Bric'a'Brac. L'avevo già fotografata in precedenza e non mi dava problemi di fotogenia o di armonia del corpo.
Ma la mattina dell'appuntamento al molo Beverello non c'era e l'aliscafo stava per partire. Ed io mi imbarcai da solo pensando "che casino... e mò?".

Mi telefonò sul vecchio cellulare OKI che avevo all'epoca dicendomi che aveva perso l'autobus per arrivare a Napoli e la tranquillizzai rispondendole che non sarebbe mancata altra occasione.

Quella mattina a Capri dovevo quindi risolvere il problema. Ero da solo con la mia Nikon FM2.
Iniziai a girare tutte le spiagge dove c'erano i faraglioni a vista ma non potevo certo continuare a rubacchiare foto alle donne in topless che avrebbe potuto fare chiunque avesse avuto almeno un 300mm.

Arrivai a Marina Piccola e vidi una ragazza abbastanza slanciata vicino a un telefono pubblico di un bar. Iniziai a puntarla e notai che lei mi guardava perchè probabilmente interessata al fatto che avessi una fotocamera a tracolla.
Mi avvicinai e le dissi che dovevo risolvere un problema e se poteva posare per me. Ne fu felice ma non perchè volesse diventare una velina, ma perchè si sensibilizzò alla cosa in quanto era collaboratrice di un giornale di Bologna e capì che stavo nei casini.

Gli scogli dei faraglioni erano dunque superati, ma ci fu un altro scoglio: il permesso della madre visto che la tipa era ancora minorenne. La madre mi chiese il tesserino di giornalista che io non ho mai avuto e le spiegai che un fotografo non deve essere necessariamente giornalista per pubblicare sui giornali. Si convinse e finalmente riuscii a tirare qualche scatto coi cinque minuti decisi dalla mamma-manager alla quale feci firmare poi la liberatoria che in questi casi porto sempre con me.

La foto che vedete qui fu poi ripubblicata svariate volte. A volte coi faraglioni per intero, a volte no perchè tagliata. Non è un granchè di foto ma era quello che voleva il photo editor. Con la ragazza rimasi in contatto per qualche anno ma ora non ne ricordo più il nome.

Morale:
qualsiasi incarico abbiate, non mollate. Portate sempre a casa qualcosa. Siate testardi, siate umili nell'approcciare la gente. Siate veri, leali e trasparenti.

giovedì 20 novembre 2014

Hopeful Monster, mostri pieni di belle speranze


Hopeful Monster, mostri pieni di belle speranze. Sono quelle persone che hanno grandi intuizioni portando innovazioni in qualsiasi campo. Sono gli uomini e donne del cambiamento.
Nel 1988 la rivista King delle edizioni ERI-RAI dedicò un servizio agli Hopeful Monster citando alcuni personaggi importanti del secolo.

Copertina di un numero della rivista King edizioni Eri RAI
King, il mensile che aprì al mondo
King era una bellissima rivista con grafica innovativa e contenuti originali. L'acquistavo anche perchè mi accorsi che fotograficamente era l'unica di quel periodo che pubblicava immagini fotografiche che andavano oltre i tradizionali cliché. Fotografie che potevi trovare solo in riviste specializzate come ZOOM ma che, con King, erano diventate accessibili a un pubblico più vasto.
Il direttore Vittorio Corona era evidentemente anche lui uno che guardava avanti.

Le nuove tendenze fotografiche
Il giornale era un mensile e conservai per diversi anni un paio di annate intere anche perché ero un abbonato.
Fu con questo giornale che conobbi lo stile fotografico di Giovanni Cozzi, Herb Ritts, Bruce Weber. Fotografi che negli anni '80 definirono nuovi trend nella fotografia di moda. Quando ancora non dicevamo fashion.
Capii che il bianconero poteva finalmente avere la grana, che il mosso e lo sfocato erano anche gradevoli in certi contesti, i viraggi seppia o blu servivano per definire atmosfere; le donne erano ritratte a luce naturale nella loro massima spontaneità, come ragazze comuni, evidenziando maggiormente un'energia carica di erotismo e femminilità che non avevo trovato ad esempio nelle immagini di Helmut Newton.

Noi che non avevamo il web
Era la rivista del cambiamento. Unisex. Poteva interessare a chiunque avesse un minimo di curiosità per "il mondo fuori". Perchè non c'era internet e solo poche trasmissioni televisive, tipo quelle di Carlo Massarini, mostravano ciò che noi umani non possiamo immaginare...
Si navigava nella rivista in random, si sfogliava divorandola con gli occhi e poi si tornava ai servizi che più interessavano.
Il motore di ricerca era ovviamente l'indice.

Hopeful Monster
Ci fu un servizio in uno di quei numeri che catturò la mia attenzione. Era a cavallo tra la fantasia e il reale. Inverosimile. Riguardava gli Hopeful Monster. Persone piene di belle speranze. Personaggi che hanno cambiato il mondo. Lessi della teoria del genetista tedesco Richard Goldschmidt e degli effetti sull'evoluzione dell'uomo, secondo il giornalista che scrisse il pezzo.
L'articolo sosteneva che tra di noi ci sono individui "venuti da un altro pianeta" citando personaggi che con le loro intuizioni e con il loro rompere le regole hanno stravolto il modo di fare scienza, tecnologia, cultura. Personaggi che sono riusciti a far compiere un salto al settore di cui si occupavano.

Non ricordo di preciso quali erano i personaggi citati in quell'articolo ma, per intenderci, erano del calibro di Elvis Presley, David Bowie o Keith Emerson, se vogliamo passare per la musica; Galileo Galilei o Leonardo Da Vinci se attraversiamo il '500-'600; Antoni Gaudì se parliamo di architettura; gli impressionisti se pensiamo quello che hanno combinato per l'arte subito dopo la scoperta della fotografia ecc. ecc.

Non a caso la rivista King pubblicò un pezzo del genere. Essa stessa era avanti per grafica, fotografia e contenuti rispetto al panorama editoriale dell'epoca.
Fortunatamente oggi, anche se rimasti orfani del sogno made in 80s su carta patinata, abbiamo riviste sfogliabili online come Wired e Treehugger che, almeno per quanto mi riguarda, soddisfano quel bisogno di conoscenza oltre.
Perchè gli Hopeful Monster ci saranno sempre.

© Marco Maraviglia - tutti i diritti riservati

mercoledì 19 novembre 2014

Lorenzo Jovanotti Cherubini e le foto inutili

Lorenzo Jovanotti Cherubini © Marco Maraviglia

In occasione di eventi da fotografare non conviene mai stare vicino ai colleghi fotografi ma bisogna cercarsi sempre situazioni diverse. Forse il fatto che te ne stia in disparte potrà attirare su di te inimicizie ma se fotografi per vendere, meglio andare per la propria strada.

Napoli. Stadio San Paolo 13 giugno 1994.
Venti anni fa.
Due "armadi" della sicurezza al varco dei sotterranei dello stadio San Paolo.
Avevo il mio pass che non mi consentiva di accedere alla zona rossa, ai camerini, per intenderci.
Guardai negli occhi i ragazzi della security:
- vado per un saluto a Lorenzo; dissi molto convincente.
Si guardarono tra di loro e mi fecero passare.

Nei sotterranei trovai solo due giornalisti che erano lì per una testata svizzera e il loro fotografo.

Questa foto fu scattata al volo durante l'intervista degli "svizzeri". Fu un attimo che Lorenzo si girò verso di me cercando di capire forse chi diavolo fossi.

Lorenzo Jovanotti è un personaggio che, nonostante il naso irregolare, come lo prendi prendi, è fotogenico.
Notate inoltre l'alone chiaro intorno a lui: la foto non è ritoccata, è l'aurea dell'artista.

Non avevo il flash, ho sempre usato la Kodak TMAX3200 tirata a 6400 ISO perchè uso zoom poco luminosi e anche perchè all'epoca gli obiettivi stabilizzati costavano una cifra.

La foto fu venduta ad alcuni quotidiani nazionali.
Il resto delle foto che scattai durante quel concerto furono scatti inutili.


martedì 11 novembre 2014

Che fine ha fatto la bella fotografia?

La cultura usa e getta dei social network sta portando al collasso il concetto di bellezza su tutti i livelli, toccando anche la fotografia, generando una distorsione percettiva stravolgendo quelle regole essenziali dell’estetica.


Abstract
Questa mia riflessione che vi propongo nasce dall’osservazione di alcuni episodi sull’utilizzo di immagini di bassa qualità nella comunicazione pubblicitaria.
Capita di vedere infatti immagini che ritraggono persone con inopportuni riflessi sul viso, cattiva disposizione delle luci, pessima postproduzione, elementi nelle inquadrature che “non servono” creando solo rumore visivo, improbabili posizioni dei corpi ecc. ecc.

Il problema in tutto ciò non è tanto la scarsa qualità delle immagini ma il fatto che i committenti, pur di risparmiare, si affidino a fotografi inesperti generando inconsapevolmente un trend visivo che viene assorbito dal pubblico e che nel proprio immaginario lo prende per buono.

Non solo. Succede inoltre che tali fotografi inesperti vengono considerati professionisti, addirittura artisti, e riescono a lavorare solo perché hanno in portfolio il lavoro fatto “per”.
E secoli di studi e creazione della bellezza vanno a puttane spingendoci sempre più verso “la grande bruttezza”.


Il potere del design
Chi dice che “non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace”?
Lo dice probabilmente chi crede che la regola sia trasgredire le regole, ma questo dovrebbe permetterselo solo chi è padrone delle regole.
La bellezza la assimilerei a una parola spesso usata impropriamente: design.
Perché, in barba a ciò che pensano certi artisti contemporanei, la bellezza va progettata e non improvvisata.


Regole trasgredite e amicizie
Trasgredire le regole per realizzare belle fotografie si può, ma occorre conoscere a monte le regole tecniche e compositive della fotografia stessa.
© Maja Daniels (rumori visivi / didattica Photo Polis)
Maja Daniels è una fotografa artista le cui immagini fanno discutere proprio per quel suo scattare senza regole. Inquadrature sbagliate, rumori visivi, piedi tagliati. Forse perché abile a coinvolgere committenti immersi nell’ignoranza visiva.

Ma dietro il successo di questi casi occorrerebbe conoscere quelli che sono i meccanismi di relazioni pubbliche intessuti con gli addetti ai lavori.
Perché molto spesso è la rete di conoscenze e non i meriti, la bravura, a far fare strada a qualcuno.
© Maja Daniels (rumori visivi / didattica Photo Polis)
Oliviero Toscani ritengo che non sia un bravo fotografo, tecnicamente parlando, ma conobbe in vacanza Luciano Benetton col quale entrò in sintonia e gli spianò la strada facendogli realizzare le immagini per le sue campagne pubblicitarie. Buone idee perché trasgressive, spesso a sfondo sociale e in questo fu pioniere in quanto iniettò nella comunicazione problematiche che nulla avevano a che vedere con maglioni e calzerotti colorati. Toscani riuscì a creare un valore aggiunto all’azienda facendo parlare di sé e dell’azienda. Galeotto fu l’ombrellone.


Estetica, questa sconosciuta
Chi ha studiato estetica al liceo sa di cosa parlo. I filosofi greci hanno gettato le prime basi sul concetto di bellezza che ritengo evergreen, intramontabili. Fondamenta che ogni progettista, ogni artista, fotografo, ogni produttore di qualsiasi oggetto, ogni manager di qualsiasi disciplina, dovrebbe tenerne conto.


Il progetto fotografico
La fotografia è comunicazione e come tale va progettata senza fermarsi dietro al solo progetto delle immagini che si intendono realizzare, ma organizzandone la loro collocazione (destinazione d’uso finale), la loro funzione e fruibilità, il loro futuro, la loro conservazione. Altrimenti sarebbero immagini inutili. Immagini che avrebbero una manciata di secondi di vita e poi dimenticate, perse nell’antro di qualche hard disk, nei secoli dei secoli. Anche se belle, purtroppo.


La grande bellezza
© Rodney Smith
La bellezza è matematica, è geometria, è proporzione. La bellezza è armonia e ritmo.
La musica è matematica. Immaginate se disegnassi a casaccio su un pentagramma le note musicali.
Nell’era classica i greci compresero bene quelli che sono i canoni della bellezza. Ricercatori del benessere fisico e mentale, i greci capirono che anche l’occhio, per trasmettere benessere alla nostra anima, esige un ordine che può essere dettato solo dal linguaggio geometrico.

I migliori graphic designer sanno che in un impaginato è meglio togliere che aggiungere elementi. Ogni qualcosa in più crea rumore visivo, interferenza, disturbo nella lettura.
Ma si tratta di bellezza funzionale. Ergonomia per la leggibilità.
La produzione visiva, ciò che realizziamo per essere visto quindi fruito da qualcuno come per le foto, non deve essere necessariamente essenziale come per la grafica.

Le immagini minimaliste, pulite, geometriche, monocromatiche o saturate vanno bene per la comunicazione su Instagram perché devono attirare l’attenzione in uno spazio ristretto di 4-5cmq per catturare followers.
Quando invece ci troviamo a poter inserire le nostre foto in spazi più ampi, possiamo baroccare, nel senso migliore del termine: dettagliare, fornire contenuti visivi più estesi pur restando vincolati alle regole tecniche e compositive.

È tutta questione di reticoli geometrici, di equilibri fatti di forme e colori. La “regola dei 2/3” è la base dei principianti perché c’è dell’altro. Rettangoli aurei, triangoli, cerchi, ellissi, spirale di Fibonacci e tanta altra roba che non sto qui a raccontarvi.

Il fotografo professionista è allenato ad osservare con una gabbia immaginaria impressa sulla retina, fatta di diagonali, mediane e forme geometriche inscritte e circoscritte. Anche per questo è un professionista. Perché ha sviluppato negli anni quel senso estetico tale da capire qual è l’inquadratura più giusta per creare armonia e ritmo in ciò che riprende.


Dignità alle immagini
Siamo in un periodo storico in cui si trascura il dettaglio, la professionalità è un optional. Con l'alibi della crisi economica il mondo intorno a noi si sta rivestendo di bruttezza. E proprio l’Italia che ha sfornato il Rinascimento, il Made in Italy e che ha il più grande patrimonio artistico-culturale che possa avere un Paese, dovrebbe tirarsi fuori da questo trend.

Istituzionalmente si dovrebbero rivedere i programmi didattici nelle scuole per affrontare in maniera adeguata e più seria l’educazione visiva, lo studio della storia dell’arte e dell’estetica. E, perché no, formare commissioni di esperti che diano una licenza di esercizio, una patente obbligatoria, un’abilitazione a chi voglia esercitare certe professioni come la fotografia. Specie se si intende utilizzarla per la comunicazione pubblica.

Se non altro, per ridare dignità alle immagini.

© Marco Maraviglia - tutti i diritti riservati



lunedì 3 novembre 2014

Fotografo la mia città. Un PON per ragazzi difficili.

Fotografo la mia città: un progetto PON realizzato da Marco Maraviglia come docente esperto presso l'ITG Gian Battista Della Porta di Napoli.

Ragazzi a rischio di dispersione scolastica, iperattivi, demotivati nel seguire le regole istituzionali, quelle della scuola, fatte di rispetto degli orari, degli impegni didattici... eppure, se coinvolti individualmente, adeguandosi un attimo a quelli che sono i loro tempi, qualcosa si riesce a tirare fuori. La fotografia è uno strumento adatto a sollecitare interessi diversi da Facebook e smartphone.


Non sono ragazzi stupidi, sono solo sfuggiti alle regole dell'auto-disciplina. Il risultato di condizioni socio-antropologiche che non sto qui ad analizzare perché non ne ho le competenze.
Partecipare a questo progetto PON per l'ITG Gian Battista Della Porta è stato un lavoro divertente.
Se non altro per aver messo alla prova le mie abilità persuasive, che non sapevo di avere, nei confronti di ragazzi difficili, a rischio di dispersione scolastica.
Alcuni di loro non andavano la mattina a scuola e si presentavano il pomeriggio nell'aula multimediale: "pecchè ce state vuje, pssò" (perchè ci siete voi, prof).

Questo opuscolo è il risultato generato dal caos, dalla mancanza di disciplina di ragazzi che non riescono a stare un attimo fermi in un'aula scolastica.
Alcuni di loro saranno geometri, altri hanno purtroppo già abbandonato la scuola.
Io li ricordo tutti con simpatia, dal bullo al disturbatore, dal capo branco al fanatico del sesso che poi non sapeva manco cosa fosse.

È un piccolo esempio che qualcosa si può fare. Nessuno è irrecuperabile.
Ogni individuo è diverso e come tale va trattato.
Buona lettura.



mercoledì 22 ottobre 2014

Instagram: i miei primi 10 giorni e quello che credo di aver capito

Brevi considerazioni sull'utilizzo di Instagram nella comunicazione pubblica.

Possiedo il “mobile” dal 1994, da quando si pagava 500mila lire il contratto TACS della SIP da poco trasformata in Telecom e poi le telefonate (costosissime all'epoca) venivano addebitate sulla bolletta del telefono fisso.

Da allora ad oggi ho posseduto tre cellulari e da poco mi sono convertito allo smartphone. È il 4° cellulare in 20 anni. Acquistato per necessità. Leggere e rispondere alle mail quando sei fuori studio è comodità ed efficienza professionale. Inviare in real time una foto sulla pagina Facebook di un evento che hai organizzato fa parte di quel marketing all now che può sempre servire per tenere vivo il proprio brand.

Avere l’archivio dei progetti e documenti principali sempre in tasca, come avere una pen drive senza limiti di giga e che possono essere condivisi con connessione Bluetooth su altri computer è utile.
Insomma, un occhio alle nuove tecnologie va sempre dato.

Mondo Instagram!
Instagram, sotto certi aspetti, è una social-app eccezionale e non nascondo che più volte al giorno vado a sbirciare, sulla sua schermata generale, quel simpatico "mosaico partecipato" di fotine.
È un mondo colorato, grafico, interpersonale.
Sono immagini guarda e getta, like and go, smile and contact. Immagini post-it. Dove sembra quasi una gara a chi posta la foto più colorata, più insolita, più intima.

Sì, ci sono cascato anch’io. Affascinato dai geroglifici del 21° secolo, dai pittogrammi universali e quadrati, ho iniziato a smanettare per capire le eventuali utilità di questa app.

workshop Instagram
Comunicare emozioni con Instagram
Instagram è una social-app che invade la rete con immagini che riescono a comunicare senza parole.
Si tratta di immagini emozionali. Se le cogli, se le comprendi è perché in esse vi sono segni che fanno parte del tuo vissuto o del tuo immaginario. Segni che riflettono desideri e bisogni consci ed inconsci nei quali ci si riconosce.

È un gioco per tanti ma utilizzato in termini di marketing, è una risorsa per altri: un modo originale per comunicare il proprio brand. Un modo per farsi pubblicità senza ricorrere (solo) a grossi budget, per realizzare manifesti e spot pubblicitari.

Su questo intrattenitore vi sono aziende che non fanno pubblicità nel senso più stretto del termine. Le fotine non contengono headline, promise, consumer benefit, pay-off ecc. ecc. ma emozioni, attimi di bellezza quotidiana, sussurri amichevoli, seduzioni. Immagini che si osservano come se ci giungessero da un amico, rendendoci partecipi alla vita aziendale di chi le inserisce.

Ho visto un selfie di gruppo del CDA di una nota azienda di scarpe; ho trovato l’immagine di due fighette in Vespa sotto la torre Eiffel con un grappolo di palloncini colorati e c’era il link di una casa d’abbigliamento. Ho visto cose che…

Siamo nell’era del marketing emozionale, marketing esperienziale, della pubblicità virale, quella fatta di sensazioni prodotte da occasioni interpersonali a colpi di tweet, like, video virali come quelli dell’Ice Bucket Challenge e quant’altro.

Come usare Instagram?
Immaginate il gestore di un locale che ha da poco aperto e non ha un euro da destinare alla pubblicità per comunicare l'inizio della propria attività.
Si arma di smartphone, si scarica l’app di Instagram e si fa un profilo specificando l’indirizzo del locale.
Poi inizia a riprendere i dettagli degli ambienti del locale, i piatti che cucina, selfie all’alba appena apre la bottega, i clienti simpatici che bevono. Per ogni foto piazza gli hashtag giusti. Dovrà solo badare a non far sembrare pubblicità le foto che posterà, secondo i termini specificati per l’uso di Instagram.
Non vedrà incassi immediati ma la presenza su Instagram gli garantirà curiosità da parte di potenziali clienti e fidelizzerà quelli già acquisiti rendendoli partecipi ai momenti della sua giornata lavorativa.

Personaggi pubblici e visibilità sui social
Attraverso i social personaggi pubblici interagiscono coi propri fan mantenendo alto il gradimento nei loro confronti ma ciò non funziona se posti e non commenti, se non rispondi perlomeno a qualcuno.
Vale anche per Instagram.
Il successo di una buona comunicazione su Instagram non dipende solo dalla visibilità che hai, ma anche nel far circolare immagini personali e commentando chi ti segue.
E questa cosa, decine, centinaia di aspiranti fotomodelle, soubrettine ed attori alle prime armi lo hanno compreso anche se l'esposizione fatta in un certo modo farebbe pensare all'utente di ritrovarsi in un profilo di un'escort o, peggio, di una baby squillo.

Lo strumento funziona se utilizzato adeguatamente e quindi le foto devono comunque essere realizzate con un minimo di senso estetico e con un minimo di pratica delle tante app che possono contribuire a rendere le immagini più suggestive.

Vuoi saperne di più?
Se ti interessa partecipare a un workshop su come realizzare foto per Instagram, manda una mail a info@photopolisnapoli.org con oggetto “Instagram” e specificando nome e recapito telefonico.





lunedì 25 agosto 2014

Instagram è utile? Iconosquare!

L'utilità di una delle app più utilizzate nella fotografia amatoriale potrebbe avere un'applicazione professionale nel campo della comunicazione.

Instagram continua a spopolare nel web con una sovraproduzione di foto che inevitabilmente si perderanno nella rete o negli hard disk, ma qualcuna si salverà...


All'inizio sembrava un gioco, lo smartphone utilizzato come fotocamera per riprendere di tutto con effetti vintage, col bordino di un negativo Kodak, in bianconero o seppiata, in HDR...
Come per molte novità nel campo tecnologico, i feticisti dell'Hi Tech hanno creato un po' di repulsione per l'Instagram nei confronti dei consumatori più conservatori. Perchè abusato, perchè forse applicato solo con intento feticistico.

La guerra dei click
I social invasi da selfie, cibi fotografati prima di essere ingurgitati, ciccioni sotto l'ombrellone e poi eterne aspiranti soubrette che si riprendono i piedi o con il proprio gattino, ecc. ecc.
Ma ci può essere un'utilità in tutto questo.
Siamo in tempi in cui la comunicazione ha raggiunto le vette della saturazione dell'iper-informazione. I messaggi si perdono in una bolgia di informazioni, spesso fasulle, a volte create appositamente per attirare il pubblico sulle pagine del proprio sito in quanto a caccia di click sui banner pubblicitari.
È una guerra all'ultimo click perchè la gente non compra più giornali: ormai il grosso dell'informazione corre sul web.
Ma questa è un'altra storia e non vorrei dilungarmi.

Per il popolo da 140 caratteri
Fatto sta che il pubblico della rete non smanetta più sui motori di ricerca per trovare informazioni.
Man mano le key words, le parole chiave che ti portano agli indici di Google, vengono utilizzate sempre meno.
Il popolo del web si sta dividendo tra chi assorbe le informazioni, senza cercarle, ovvero quelli che scrollano Facebook o Twitter passivamente e quelli che cercano i contenuti attraverso gli hashtag.
Le ricerche con parole-chiave fatte a volte con stringhe booleane è roba per conservatori, per i veterani del web che forse si adegueranno specie se gli algoritmi dei crawler dei motori di ricerca si piegheranno al nuovo trend di utilizzo della rete, sempre più veloce, diretto, superficiale.
Per il popolo del web da 140 caratteri.

Informarsi sull'ultimo secondo
Cercare informazioni con gli hashtag è effettivamente il modo più rapido per recuperare contenuti, notizie, informazioni.
Su Twitter l'hashtag-informazione corre sull'ultimo secondo, nemmeno Google è ancora così veloce coi suoi spider.

Instagram+Hashtag per comunicare: Iconosquare
Nell'aprile 2014 Statigram, il sistema analytics di Instagram diventa Iconosquare.
Sono capitato per caso su questa piattaforma mentre cercavo informazioni su Google con l'hashtag #laterzaclasse, una band napoletana di musica bluegrass alla quale sono legato.
Bene, ho trovato Iconosquare un po' la pietra filosofale per la comunicazione di questo periodo storico, quella da 140 battute, intendo.
Basta infatti cercare qualcosa in rete con il cancelletto (#) e molto probabilmente ti ritroverai su una pagina di Iconosquare con tutte le immagini relative alla tua ricerca fatta con hashtag.

Informazione condivisa
Si tratta di informazione condivisa, bilaterale, parallela: il VIP lancia i suoi Instagram con un certo hashtag che viene utilizzato poi da chiunque con proprie immagini Instagram per "dialogare" intorno a quel tema. Ma la bellezza di Iconosquare è che, a differenza di Twitter, vengono indicizzate solo tutte le immagini Instagram taggate con quel hashtag.
Non solo, Iconosquare è un social network che consente di valutare anche il feedback della propria comunicazione fatta attraverso le immagini.
Ma è un club, riservato solo ai possessori di smartphone con app Instagram anche se poi tutto è in chiaro sul web.







sabato 23 agosto 2014

IL MIBACT CI RIPROVA: FOTOGRAFIE GRATIS CON UN ‪CONCORSO FOTOGRAFICO‬

Lettera aperta al ministro Franceschini sul Wiki Loves Monuments.


Gentile Dario Franceschini ( Dario Franceschini - pagina ufficiale),
nell'arco di un mese è la seconda volta che l'apparato che lei gestisce (il MiBACT) le fa un bel "pacco", probabilmente a sua insaputa, andando a ledere la sua immagine politica e quella dell'Italia all'estero facendo credere che siamo il popolo che regala ingegno e creatività.

La prima delle due volte volta c'è stato il buon senso di ritirare il bando destinato agli artisti in cui si chiedeva di partecipare GRATIS con le loro performance nei siti monumentali (e che si dovevano anche pagare SIAE, pernottamento, viaggio ed assicurazione).
Ora mi chiedo se ci sarà altrettanto buon senso nel ravvedersi relativamente al regolamento di cui in allegato e in particolare riformulando o annullando l'Art.11 che contravviene alle norme sul Diritto d'Autore (equo compenso) e agli Art. 1 e 4, della Costituzione italiana.

Fermo restando che è stata buona cosa concedere le riprese nei siti MiBaCT senza dover più chiedere autorizzazioni (e grazie al Piano Programmatico del suo precedessore Massimo Bray), mi preme informarla che questo concorso fotografico è un'offesa al lavoro di centinaia di fotografi che con le immagini ci vivono: ogni fotografia regalata equivale a un mancato guadagno per un fotografo che avrebbe potuto realizzarla. Si Tratta di una operazione ai danni della categoria dei fotografi.

È inammissibile che, in piena crisi economica, proprio le istituzioni non facciano altro che architettare strane idee per penalizzare ancor più le categorie di chi lavora, con iniziative che non sono altro che sciacallaggi che non fanno onore a un Paese che meriterebbe invece qualcosina in più per quanto sta resistendo con orgoglio alle mazzate di questa crisi.

Le chiedo pertanto di chiedere spiegazioni al suo staff per riformulare tale bando.
Distinti saluti,
Marco Maraviglia

ALLEGATO: regolamento del Wiki Loves Monuments

In particolare l'Art. 11:
Art. 11 – Riuso immagini da parte del Ministero per i beni e le attività culturali
Le immagini prodotte dai partecipanti a “Wiki Loves Monuments Italia 2014” che riproducano beni culturali in consegna allo Stato, evidenziate nella lista dei monumenti con la dicitura “(MIBAC)” posta accanto al nome del monumento, potranno essere utilizzate dal Ministero dei beni e le attività culturali, senza corrispettivo nei confronti dell’autore della fotografia, per qualunque attività rientrante nei propri fini istituzionali di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale – ivi incluse, a titolo meramente esemplificativo, la realizzazione di cataloghi, manifesti, pubblicazioni, pubblicità istituzionali – con l’indicazione del nome dell’autore, nonché della circostanza che la fotografia è stata realizzata nell’ambito del concorso “Wiki Loves Monuments Italia 2014”.

martedì 29 luglio 2014

Oretta Iorizzo e la relazione anima-natura


© Oretta Iorizzo

Talenti della fotografia misconosciuti... Oretta Iorizzo e i segreti dell'anima nelle sue immagini.

Oretta Iorizzo è un’appassionata di fotografia di Napoli che tengo “sotto osservazione” solo da un paio di anni nonostante lei abbia abbracciato questa sua passione da tanto.
Non ha tatuaggi, nessun piercing, la sua presenza è quasi invisibile per la sua riservatezza estrema.

Piccoletta, di poche parole, ma con un mondo enorme dentro di sé. Un mondo fantastico a cavallo tra la sofferenza e i buoni sogni, traspare dalle sue immagini. Anime rovinate, smosse, che si confondono e si plasmano in tracce di mater natura come embrioni pronti a rinascere in una vita migliore. Figure umane pronte ad esplodere dalle due dimensioni di una foto per materializzarsi in un mondo migliore.

C’è una grande energia mentale nelle immagini di Oretta. Sono solo foto, semplici fogli di carta come tanti. Ma quando ti avvicini ad esse, trovi immagini confuse,
© Oretta Iorizzo
forse un po’ astratte ma che più le osservi più ti catturano coinvolgendo la tua parte sensoriale più istintiva. Immagini da leggere come un libro senza fine. Magnetiche, come se vi si annidasse una verità sconosciuta dalla quale non riesci più a staccare l’occhio, la mente e il cuore per conoscerla. Dove il corpo femminile non è importante che sia perfetto ma è l’estetica del contesto che racconta, che suggerisce la relazione anima-natura.

"Non sono una fotografa, uso la fotografia per plasmare la realtà a mio uso e consumo perché quello che mi circonda non mi piace."
- Oretta Iorizzo -

Non credo di aver preso un abbaglio; come fotografo osservo tante foto in rete per trovare nuove tendenze, spunti e personalmente penso che Oretta è uno di quei talenti sconosciuti del panorama della fotografia artistica che meriterebbe il suo piccolo podio.

martedì 22 luglio 2014

Ben Wiseman vs Seurat. Stili di vita che cambiano.


Se sei fotografo osserva le due immagini ed individua le differenze antropologiche.

Attraverso un quadro o una foto si possono rilevare dettagli di stile di vita del periodo in cui essi sono stati realizzati. Si tratta di filologia visiva, indagine comparativa, perizia temporale o chiamatela come volete.
Ben Wiseman attraverso la sua illustrazione ha concretizzato un processo inverso aggiornando lo stile di vita che si evince dal famoso “Domenica” di Seurat inserendo in una sua opera, dettagli che all’epoca del pittore impressionista, padre del puntinismo, non potevano affatto esserci per questioni temporali.


Provate un attimo voi a cercare le differenze tra la prima e la seconda immagine: vi sono almeno sei elementi che sono in conflitto tra le due epoche.
"Domenica" di Ben Wiseman
Individuati?
Se non li avete trovati non preoccupatevi, non è importante perché probabilmente non siete fotografi, non antropologi o comunque lo spirito di osservazione non vi occorre per il tipo di attività che svolgete. Ma so che siete curiosi se avete letto fin qui ed è già ottima cosa.

Constatiamo insieme…

Cane al guinzaglio
Nel dipinto di Seurat i cani non sono al guinzaglio. All’epoca non c’era l’obbligo del suo utilizzo.

A Sunday Afternoon on the Island of La Grande Jatte (Seurat)
Solitudine del XIX secolo
Il signore in basso a sinistra nell’illustrazione di Wiseman, quello un po’ calvo, non ha la compagnia di una donna come invece ce l’ha il tipo nello stesso punto nel quadro di Seurat.
Il trombettista a riva suona per delle dolci fanciulle sul prato, ma ciò accade nel quadro di Seurat perché nella veste moderna suona senza che nessuno lo segua.

Ragazza in bikini
Oggi i ragazzi non si fanno problemi ad esporsi d’estate anche in mutande nei parchi pubblici. Ai tempi di Seurat ciò era improponibile in un parco pubblico frequentato anche dalla buona borghesia.

Minigonna
Nata negli anni ’60 e non certo nella metà dell’800.

Pinocchietto
Anche il pinocchietto è moda molto più recente.

Lo specchio d’acqua
C’è una guardia costiera nell’illustrazione moderna, istituzione contemporanea, e la canoa è sport per pochi sportivi (nel quadro di Seurat).

Indagine a cura di Marco Maraviglia
Donne sole
La domenica la donna esce sola col passeggino e i figli. Il marito resta a casa a cucinare o va dall’amante o è fuori per lavoro o allo stadio. Accade oggi.

Occhiali da sole
È un accessorio il cui utilizzo di massa è successivo al ‘900 e quante mamme fanno contenti i propri figli acquistandogliene un paio.

La mela subliminale
A terra, nell’illustrazione di Wiseman sembra che sia un pomodoro ma c’è chi dice che sia una mela mangiata, messaggio subliminale della Apple e ciò sarebbe una considerazione avallata dal punto successivo.

iPod e smartphone
Forse le ragazzine sedute hanno entrambe un iPod, forse una di loro sta usando un iPhone. Certo è che non comunicano tra loro e sono distratte, non si godono il paesaggio intorno a loro. Tipico della civiltà odierna dove anche durante una festa tra amici questa viene vissuta su WhatsApp.

Coppia gay
Mano nella mano, due ragazzi dichiaratamente gay. Se non sbaglio solo con l’arte romana si sono tramandate scene esplicite di vita omosessuale.

Venditore di hot dog
Non esistevano i wurstel, non esistevano gli ambulanti nei parchi pubblici se non qualche venditore di palloncini. Wiseman ha anche disegnato un hot dog a terra, in primo piano, mentre viene rosicchiato dal cane.
Nel quadro di Seurat sembra invece che ci sia un teatrino di burattini; innocente intrattenimento non consumistico.

Pallone
Nei parchi i bambini correvano, giocavano a nascondino… oggi c’è l’immancabile pallone.

Tatoo
I tatuaggi erano roba per galeotti, marinai, pirati. Oggi il tatuaggio è diventato accessorio di “bellezza” permanente anche per le donne.

Ciclista
Anche se ci fosse stato un ciclista nel quadro di Seurat, non avrebbe indossato il casco perché solo nel 1903 si iniziò a considerarne l’uso in seguito ad un incidente ciclistico a Boston.

Si ringraziano per il contributo: Vincenzo Crocenti (architetto e 3D designer) per “la minigonna”, Maria Pia Tella (docente di Storia della Moda e del Costume, Fashion Design) per “la mela subliminale”.

sabato 12 luglio 2014

Hassler e la foto da pazzo

William Davis Hassler è stato un fotografo di New York degli inizi del '900. È colui che ha realizzato il primo selfie della storia fotografica.

Chi è primo a fare qualcosa, il primo che ha un'idea originale è irrimediabilmente un genio ma spesso i contemporanei non se ne accorgono. Forse volutamente, specie quando le cricche cercano di affermare e mantenere solo il loro status.


© William Davis Hassler / Museum of the City of New York
William Davis Hassler come la maggior parte di chi ha un'indole indipendente di chi percorre strade diverse dettate dai canoni del momento, non solo realizzò il primo selfie della storia fotografica (un doppio autoritratto allo specchio realizzato con una folding) ma fu anche il primo a documentare tutti i distretti di New York realizzando panoramiche da punti di vista estremi come questa nella foto mozzafiato scattata dalla cima del ponte di Brooklyn.

In rete non sono riuscito a trovare informazioni sul come fosse riuscito ad arrivare fin lassù, ma comunque ci sia arrivato bisogna pensare che l'immagine è stata realizzata su lastra fotografica di 11x14 pollici (27,94x35,56 cm) con una delle sue fotocamere folding. Insomma, una bella impresa dato l'ingombro.
Un'impresa temeraria anche per i tempi di oggi in cui si utilizzano i droni per le riprese di questo tipo.

Guarda tutte le foto di William Davis Hassler