martedì 29 luglio 2014

Oretta Iorizzo e la relazione anima-natura


© Oretta Iorizzo

Talenti della fotografia misconosciuti... Oretta Iorizzo e i segreti dell'anima nelle sue immagini.

Oretta Iorizzo è un’appassionata di fotografia di Napoli che tengo “sotto osservazione” solo da un paio di anni nonostante lei abbia abbracciato questa sua passione da tanto.
Non ha tatuaggi, nessun piercing, la sua presenza è quasi invisibile per la sua riservatezza estrema.

Piccoletta, di poche parole, ma con un mondo enorme dentro di sé. Un mondo fantastico a cavallo tra la sofferenza e i buoni sogni, traspare dalle sue immagini. Anime rovinate, smosse, che si confondono e si plasmano in tracce di mater natura come embrioni pronti a rinascere in una vita migliore. Figure umane pronte ad esplodere dalle due dimensioni di una foto per materializzarsi in un mondo migliore.

C’è una grande energia mentale nelle immagini di Oretta. Sono solo foto, semplici fogli di carta come tanti. Ma quando ti avvicini ad esse, trovi immagini confuse,
© Oretta Iorizzo
forse un po’ astratte ma che più le osservi più ti catturano coinvolgendo la tua parte sensoriale più istintiva. Immagini da leggere come un libro senza fine. Magnetiche, come se vi si annidasse una verità sconosciuta dalla quale non riesci più a staccare l’occhio, la mente e il cuore per conoscerla. Dove il corpo femminile non è importante che sia perfetto ma è l’estetica del contesto che racconta, che suggerisce la relazione anima-natura.

"Non sono una fotografa, uso la fotografia per plasmare la realtà a mio uso e consumo perché quello che mi circonda non mi piace."
- Oretta Iorizzo -

Non credo di aver preso un abbaglio; come fotografo osservo tante foto in rete per trovare nuove tendenze, spunti e personalmente penso che Oretta è uno di quei talenti sconosciuti del panorama della fotografia artistica che meriterebbe il suo piccolo podio.

martedì 22 luglio 2014

Ben Wiseman vs Seurat. Stili di vita che cambiano.


Se sei fotografo osserva le due immagini ed individua le differenze antropologiche.

Attraverso un quadro o una foto si possono rilevare dettagli di stile di vita del periodo in cui essi sono stati realizzati. Si tratta di filologia visiva, indagine comparativa, perizia temporale o chiamatela come volete.
Ben Wiseman attraverso la sua illustrazione ha concretizzato un processo inverso aggiornando lo stile di vita che si evince dal famoso “Domenica” di Seurat inserendo in una sua opera, dettagli che all’epoca del pittore impressionista, padre del puntinismo, non potevano affatto esserci per questioni temporali.


Provate un attimo voi a cercare le differenze tra la prima e la seconda immagine: vi sono almeno sei elementi che sono in conflitto tra le due epoche.
"Domenica" di Ben Wiseman
Individuati?
Se non li avete trovati non preoccupatevi, non è importante perché probabilmente non siete fotografi, non antropologi o comunque lo spirito di osservazione non vi occorre per il tipo di attività che svolgete. Ma so che siete curiosi se avete letto fin qui ed è già ottima cosa.

Constatiamo insieme…

Cane al guinzaglio
Nel dipinto di Seurat i cani non sono al guinzaglio. All’epoca non c’era l’obbligo del suo utilizzo.

A Sunday Afternoon on the Island of La Grande Jatte (Seurat)
Solitudine del XIX secolo
Il signore in basso a sinistra nell’illustrazione di Wiseman, quello un po’ calvo, non ha la compagnia di una donna come invece ce l’ha il tipo nello stesso punto nel quadro di Seurat.
Il trombettista a riva suona per delle dolci fanciulle sul prato, ma ciò accade nel quadro di Seurat perché nella veste moderna suona senza che nessuno lo segua.

Ragazza in bikini
Oggi i ragazzi non si fanno problemi ad esporsi d’estate anche in mutande nei parchi pubblici. Ai tempi di Seurat ciò era improponibile in un parco pubblico frequentato anche dalla buona borghesia.

Minigonna
Nata negli anni ’60 e non certo nella metà dell’800.

Pinocchietto
Anche il pinocchietto è moda molto più recente.

Lo specchio d’acqua
C’è una guardia costiera nell’illustrazione moderna, istituzione contemporanea, e la canoa è sport per pochi sportivi (nel quadro di Seurat).

Indagine a cura di Marco Maraviglia
Donne sole
La domenica la donna esce sola col passeggino e i figli. Il marito resta a casa a cucinare o va dall’amante o è fuori per lavoro o allo stadio. Accade oggi.

Occhiali da sole
È un accessorio il cui utilizzo di massa è successivo al ‘900 e quante mamme fanno contenti i propri figli acquistandogliene un paio.

La mela subliminale
A terra, nell’illustrazione di Wiseman sembra che sia un pomodoro ma c’è chi dice che sia una mela mangiata, messaggio subliminale della Apple e ciò sarebbe una considerazione avallata dal punto successivo.

iPod e smartphone
Forse le ragazzine sedute hanno entrambe un iPod, forse una di loro sta usando un iPhone. Certo è che non comunicano tra loro e sono distratte, non si godono il paesaggio intorno a loro. Tipico della civiltà odierna dove anche durante una festa tra amici questa viene vissuta su WhatsApp.

Coppia gay
Mano nella mano, due ragazzi dichiaratamente gay. Se non sbaglio solo con l’arte romana si sono tramandate scene esplicite di vita omosessuale.

Venditore di hot dog
Non esistevano i wurstel, non esistevano gli ambulanti nei parchi pubblici se non qualche venditore di palloncini. Wiseman ha anche disegnato un hot dog a terra, in primo piano, mentre viene rosicchiato dal cane.
Nel quadro di Seurat sembra invece che ci sia un teatrino di burattini; innocente intrattenimento non consumistico.

Pallone
Nei parchi i bambini correvano, giocavano a nascondino… oggi c’è l’immancabile pallone.

Tatoo
I tatuaggi erano roba per galeotti, marinai, pirati. Oggi il tatuaggio è diventato accessorio di “bellezza” permanente anche per le donne.

Ciclista
Anche se ci fosse stato un ciclista nel quadro di Seurat, non avrebbe indossato il casco perché solo nel 1903 si iniziò a considerarne l’uso in seguito ad un incidente ciclistico a Boston.

Si ringraziano per il contributo: Vincenzo Crocenti (architetto e 3D designer) per “la minigonna”, Maria Pia Tella (docente di Storia della Moda e del Costume, Fashion Design) per “la mela subliminale”.

sabato 12 luglio 2014

Hassler e la foto da pazzo

William Davis Hassler è stato un fotografo di New York degli inizi del '900. È colui che ha realizzato il primo selfie della storia fotografica.

Chi è primo a fare qualcosa, il primo che ha un'idea originale è irrimediabilmente un genio ma spesso i contemporanei non se ne accorgono. Forse volutamente, specie quando le cricche cercano di affermare e mantenere solo il loro status.


© William Davis Hassler / Museum of the City of New York
William Davis Hassler come la maggior parte di chi ha un'indole indipendente di chi percorre strade diverse dettate dai canoni del momento, non solo realizzò il primo selfie della storia fotografica (un doppio autoritratto allo specchio realizzato con una folding) ma fu anche il primo a documentare tutti i distretti di New York realizzando panoramiche da punti di vista estremi come questa nella foto mozzafiato scattata dalla cima del ponte di Brooklyn.

In rete non sono riuscito a trovare informazioni sul come fosse riuscito ad arrivare fin lassù, ma comunque ci sia arrivato bisogna pensare che l'immagine è stata realizzata su lastra fotografica di 11x14 pollici (27,94x35,56 cm) con una delle sue fotocamere folding. Insomma, una bella impresa dato l'ingombro.
Un'impresa temeraria anche per i tempi di oggi in cui si utilizzano i droni per le riprese di questo tipo.

Guarda tutte le foto di William Davis Hassler

Il fotografo Francesco Cito scrive al sindaco di Napoli

Lettera aperta di Francesco Cito, fotoreporter partenopeo che non vive più a Napoli da anni, al Sindaco Luigi De Magistris.

Chi si occupa di arti visive come la fotografia ha spesso una visione globale di ciò che ci accade intorno. Si osserva con tutti i cinque sensi mettendoci anche il cuore e la mente. Francesco Cito pur non vivendo più a Napoli sembra che sia riuscito a centrare alcune caratteristiche dell'Amministrazione degli ultimi anni. Pubblichiamo la sua lettera aperta che condividiamo su diversi punti e speriamo che il mondo delle professioni creative faccia sentire sempre la propria voce.


Lettera aperta al Sig. Sindaco di Napoli (di Francesco Cito)

In una trasmissione su Rai radio 1, a seguito della disgrazia avvenuta con la caduta di calcinacci dal cornicione dell'edificio che racchiude la Galleria Umberto I, provocando la morte non immediata del ragazzo 14nne Salvatore Giordano, il vice sindaco del Comune di Napoli, Tommaso Sodano, (tra le sue deleghe: Decoro e Arredo) esprimendo il suo rammarico, provava a discolpare l'amministrazione comunale dell'accaduto. Fin qui posso anche essere d'accordo, non si può per ogni incidente che accade, attribuire la responsabilità al sindaco. Quattro anni fa era accaduto a Siena, la Siena prima del sacco al Monte dei Paschi, in cui durante la cena propiziatoria della Contrada della Civetta per il Palio del 16 agosto 2010, in Piazza Tolomei, si staccò un pezzo di mensola di un balcone da poco restaurato, uccidendo sul colpo un ospite francese seduto al tavolo sottostante. 

Purtroppo il dato di fatto è che a Napoli, questa difesa d'ufficio è inaccettabile e improponibile, a Napoli non è mai una disgrazia fine a se stessa, ma è la conseguenza di uno stato di abbandono generale, di una noncuranza e non da oggi, da parte di tutti gli amministratori che si sono succeduti negli anni.
Quando fu eletto il Magistrato Luigi De Magistris a Sindaco di Napoli alla seconda tornata elettorale il 29 maggio 2011, in tanti, avevano sperato che un uomo di legge alla guida di un' amministrazione di difficile gestione, sarebbe riuscito a dare dignità ad una città troppe volte offesa, ed aggiungo dai suoi stessi figli.
Rimasi indignato dello sberleffo palesemente emesso dall'allora e alquanto sgradevole, discutibile e arrogante conduttore di Zapping, Aldo Forbice, (il programma radiofonico della sera) nei riguardi di De Magistris, definendolo incapace. A distanza di tempo, per ciò che ho visto, devo ammettere che l'analisi non era del tutto scorretta. La mia prima volta a Napoli sotto amministrazione De Magistris, mi sono ritrovato a solcare i marciapiedi di via Toledo, rifatti malamente in epoca Bassolino, completamente divelti, e in caso di pioggia, vere pozzanghere, non di rado pericolose per i pedoni infangati, dagli schizzi sollevati dalla precarietà delle lastre di pietra. Mi sarei aspettato che un Sindaco ex Magistrato, avesse impugnato carta e penna, e citato le ditte appaltatrice dei lavori. 

La brillante iniziativa del Sindaco De Magistris, è stata invece che in quelle strade dissestate, era meglio creare la pista ciclabile più estesa d'Europa, manco Napoli fosse Amsterdam e non una città di collina, dipingendo semplicemente la sagoma della bicicletta per terra, in strade come via Tribunali, in cui a stento si passa a piedi. Per il Sindaco De Magistris, è più importante organizzare una pseuda coppa America di vela, che nulla porta alla città, se non i danni alla Villa Comunale, o ex Villa Reale sul lungo mare Caracciolo, e mi chiedo se sia mai stata ripristinata la copertura della Cassa Armonica, realizzata nel 1878, manomessa per allestire il podio per le premiazioni, la quale guarda caso, faceva parte secondo il progetto Città di Partenope, a ristrutturazione insieme alla Galleria Umberto I. 

Egregio Sig. Vice Sindaco Sodano, non basta una difesa d'ufficio per scrollarsi di dosso responsabilità che sono di chi amministra. Se parte delle strutture della Galleria Umberto I sono private, il Comune e chi lo dirige, ha l'obbligo e il dovere di far rispettare le regole, le ristrutturazioni vanno forzate, ed essendo un bene pubblico, di valenza monumentale, la legge consente l'esproprio se la proprietà non provvede a mantenere efficientemente la struttura, ma quella struttura in particolar modo è comunque sotto diretta responsabilità comunale, in quanto il tetto e il pavimento sono proprietà comunali, e chissà per quali motivi a me sfuggenti, versano in uno stato pietoso. La Galleria eretta nel 1887, è un'opera tra l'altro fra le più belle d'Italia, e di non uguali nel mondo. E' un monumento storico, in cui ogni esercizio commerciale, ha decorato (malamente) con stile proprio, senza rispettare i vincoli architettonici. Bars con insegne luminose, più somiglianti ad un bazar, e non allo stile ottocentesco e sobrietà di quando fu edificata. Ci sono pochi negozi che hanno lasciato integro l'aspetto originario, e bisognerebbe ripartire da quello per far si che la Galleria oltre che sicura, ritorni al suo splendore e salotto di una città troppo vituperata. Stranamente è meglio tenuta la Galleria Principe di Napoli al Museo. 

Questo naturalmente Egregio Sig Vice Sindaco, è solo una parte dell'iceberg napoletano, di una città che vuole essere capitale dell'arte, dove sulle facciate di palazzi del 700, in bella vista a come mi pare, centinaia di migliaia di brutti condizionatori dell'aria deturpano la bellezza del centro storico, per non parlare di tutto il resto, ma non è questa la sede per dilungarmi.
Non sono le beghe che il Magistrato Sindaco De Magistris, intenta con il Soprintendente Giorgio Cozzolino per l'uso della Piazza del Plebiscito, a risollevare la Sua immagine. Le piazze, le strade e la città tutta, sono della gente, del popolo che ci vive e non per chiuderla a chi non paga il biglietto per vedere un pessimo spettacolo di nessun lustro. 

Non sono mai stati ottimi sindaci quelli che hanno occupato la poltrona di Palazzo San Giacomo, ma quello attuale, francamente è stato la delusione più grande, Napoli è ancor di più una città allo sfascio. Al Sig. Sindaco dico: non vada allo stadio a guardare le partite, o ai funerali proclamando il lutto cittadino. Non abbia idee astruse nel voler intitolare le strade a John Lennon o chissà quale altro esponente che nulla ha dato alla città, o ribattezzare la Via Caracciolo in Napoli Liberata, e mi chiedo da chi e da cosa. Vada in giro per le strade di Napoli sia durante il giorno che di notte, e in merito allego una foto della ormai famosa Galleria Umberto I, ma potrei inserirne di via Chiaia, o della stessa Piazza del Plebiscito, tanto per non andare troppo lontano da quello che dovrebbe essere l'orgoglio di una Napoli che fù e più non è.

© Francesco Cito