martedì 25 novembre 2014

Perché non chiedere all’amico fotografo “qualche foto”

È sempre imbarazzante per un fotografo professionista ricevere la classica domanda da un amico "la porti la macchina fotografica per fare qualche foto”?
Molti non sanno dire di no e ciò comporta dei problemi per il fotografo di cui spesso l’amico non ne è a conoscenza.
Però un paio di strade per avere foto gratis ci sono…


A volte è un semplice conoscente che ti ritiene persona amica e si ricorda di te quando deve documentare con “qualche foto” un proprio evento.
È ovvio che, se ci tieni particolarmente a una tale persona, cercherai di accontentarla senza far pesare la richiesta. In fondo il fotografo è una persona generosa a prescindere, altrimenti non farebbe questo mestiere: la sua passione nasce per condividere con altri ciò che osserva.

Ecco alcuni motivi per cui un fotografo potrebbe rifiutarsi di fare foto gratis:

non faccio foto gratis
Usura dell’attrezzatura fotografica
Chi non è fotografo pensa che oggi scattare foto non costi nulla perché non ci sono costi di pellicole, sviluppo e stampa.
Ma non è così.
Nell’arco di un anno mi è capitato di portare in assistenza un obiettivo che, lavorando lavorando, gli si erano saltati i circuiti interni. Costo totale 200,00 euro e mi è andata bene.

Il corpo macchina (la fotocamera, la macchina fotografica, per intenderci) è soggetto a usura nel tempo: più volte si scatta e più invecchia. A un certo punto l’otturatore interno non funzionerà più come deve. Si incepperà. Morirà. Le schede di memoria riutilizzate più volte, improvvisamente ci lasceranno a piedi.

Anche il sensore CCD, l’organo che cattura l’immagine, si usura nel tempo. A lungo andare perde pixel per strada. Il fotografo vede le proprie foto ingrandite sul monitor e bestemmia quando si accorge che certi puntini bianchi sulle immagini sono più di due o tre.

Usura del proprio corpo
Un fotografo professionista non si risparmia quando lavora e costringe il proprio corpo a una serie di sollecitazioni che come minimo portano stanchezza fisica, in alcuni casi all’usura nel tempo di schiena, ginocchia, occhi.

Correre sul punto in cui si svolge l’azione potrebbe farlo inciampare e provocargli una frattura, una distorsione, una lussazione alla spalla.
Flettersi sulle ginocchia e rialzarsi più volte, comporta stress a schiena e ginocchia.

Alcuni fotografi soffrono anche di tunnel carpale, una patologia alla mano che può verificarsi per il continuo utilizzo del mouse durante la fase di postproduzione delle immagini.
Si tratta di malattie professionali che non vengono riconosciute come tali e solo se il fotografo stipula una polizza assicurativa privatamente (di tasca propria) potrà beneficiarne.

Tempo
Forse si pensa che fare “qualche foto” significhi semplicemente fare click sul pulsante di scatto durante l’evento e la storia finisce lì. Ma non è così.
Un fotografo professionista dedica molto più tempo alla fase successiva della ripresa.

Si tratta di correggere le immagini, ritoccarle, mettere a posto i colori, scartarle per fare una selezione e poi, dopo l’operazione di photo editing, c’è la fase di storage, quella di conservazione delle foto. Perché un fotografo professionista non getta a casaccio le foto nell’hard disk, ma le conserva, archiviandole, usando un database. Farà in modo che anche dopo 10-20 anni quelle foto potranno essere da lui ritrovate facilmente se l’amico gliele richiederà perché le ha perse.
Perché l’amico non fa i back up. Perché l’amico non sempre sa dove conserva le cose.

E tutto ciò si chiama tempo. Tempo che viene tolto al lavoro del fotografo che invece potrebbe impiegare in altro per guadagnare qualcosa.

Costi
Non ci sono solo i costi di manutenzione di un’attrezzatura fotografica.
Per lo storage ad esempio, il fotografo deve acquistare sempre nuovi supporti per l’archivio man mano che cresce: DVD, CD, hard disk.
Poi ci sono altri costi di gestione dell’attività di un fotografo e ne cito solo alcuni:
  • Aggiornamenti dei software per il computer
  • Manutenzione del computer
  • Commercialista
  • Fitto dello studio
  • Aggiornamenti professionali (anche un professionista non smette mai di frequentare corsi e workshop che hanno un loro costo)

Torniamo all’amico che ti chiede “qualche foto”.
Perché lo chiede a te e non a un altro?
Forse perché ti reputa veramente un amico.
Perché crede che ti faccia piacere.
Non conosce nessun altro che abbia una fotocamera.
Tutti i suoi amici più fidati saranno impegnati in altro durante l’evento e quindi non avrà nemmeno la possibilità di contare su qualche scatto fatto coi fotofonini.
Perché sei bravo.

Occorrono anni per essere un bravo fotografo
Ecco, forse perché sei bravo. Infatti fai il fotografo per lavoro.
Per essere un bravo fotografo tu sai che ci hai messo degli anni per imparare a fare buone foto. Hai studiato, hai fatto ricerca, hai sperimentato, hai fatto errori che ti hanno fatto perdere i primi clienti, hai imparato a capire al volo la gente e i suoi stati d’animo e quindi sai coglierne con un click le espressioni giuste al momento giusto, sai come devi muoverti in un determinato contesto, sai quando puoi e non puoi usare il flash, sai inquadrare in una frazione di secondo, conosci la direzione del sole in ogni stagione, sai raccontare qualcosa in 10 scatti, sai prevedere ciò che deve essere ripreso, sai usare il Photoshop ecc. ecc.

Insomma, ci hai messo degli anni per imparare a fare la foto che farai domani. Non so se rendo.

Sei un bravo fotografo ed hai deciso che questo è il tuo lavoro. Quello che ti consente di avere il piatto a tavola, pagarti le tasse e le bollette, la benzina o i biglietti per i trasporti pubblici… vivere, in poche parole.

Ma posso farle le foto gratis?
Teoricamente un fotografo professionista non dovrebbe fare foto gratis. Fiscalmente parlando.
È infatti d’obbligo l’emissione di una fattura, una ricevuta fiscale per ogni sua prestazione.
Può fare una fattura anche di 10,00 euro ma ciò non so fino a che punto potrebbe convenirgli.
Già digitare descrizione ed importo della fattura, stamparla e consegnarla, porta via tempo (il tempo è lavoro, ricordi?) anche se la invii via e-mail.
Ma in fondo non è un crimine concedere qualche volta un po' del proprio lavoro gratuitamente quando fa piacere.

"Ti metto in mano la mia digitale"
Potrebbe succedere allora che l’amico ti dica che ti presta la sua reflex e poi se la vede lui.
Come la mettiamo?
Non sarebbe molto professionale perché tu sai che una foto è una foto quando gestazione e parto sono dell’autore. Quando l’hai seguita dallo scatto allo scarto alla post-produzione.

L’amico potrebbe mettere in circolazione sui social immagini che tu avresti scartato e succederebbe che se qualcuno chiedesse chi diavolo ha fatto quelle foto, ti bruceresti qualche potenziale cliente.
Ti conviene anche se si tratta di un favore fatto in via amichevole?
Pensaci.

Scambio di lavoro
Personalmente mi è capitato di fare qualche servizio fotografico gratis, ma per carissimi amici che mi hanno fatto guadagnare in passato molto di più di quanto avessi chiesto per il favore gratis.
E l'ho fatto con piacere.
Non è la regola, ma quando si crea una sinergia sul lavoro fatta di rispetto reciproco e lealtà, si può fare.

Una soluzione ci sarebbe… lo sponsor tecnico
Se sei un’amico di un fotografo e ti piacerebbe che sia lui a documentare fotograficamente un evento che hai organizzato ma non hai un euro da dargli perché dovrai sostenere tutte le spese di allestimento, comunicazione, stampa locandine e manifesti, buffet, fitto della sala ecc. ecc. puoi giocarti la carta dello sponsor tecnico.

Ci sono fotografi che sono disposti a fornire una propria prestazione professionale gratuitamente in cambio della visibilità del proprio nome per tutta la durata dell’evento. Dal lancio del primo comunicato stampa alla fine.
Questa operazione si chiama sponsorizzazione tecnica: non c’è passaggio di denaro ma uno scambio di benefit tra le parti. L’amico che organizza l’evento avrà il proprio servizio fotografico in cambio della visibilità al fotografo su tutta la comunicazione dell’evento stesso.

L’accordo ovviamente non conviene assolutamente farlo verbalmente per evitare incomprensioni, equivoci, malintesi che farebbero perdere un’amicizia.
Occorre infatti sottoscrivere un documento in cui siano specificati tutti i punti relativi allo scambio.


Questi sono solo dei consigli, poi ognuno è libero di fare ciò che ritiene più opportuno a seconda di quanto voglia dare al proprio lavoro un brand professionalmente etico.

Se sei socio dell’Associazione Culturale Photo Polis e intendi stipulare un accordo di sponsorizzazione tecnica con l’amico fotografo (o se sei tu l’amico fotografo fa lo stesso), avrai tutte le info del caso gratuitamente. Scrivi a associazione@photopolis.org per saperne di più.



lunedì 24 novembre 2014

Una foto a Capri in una giornata a rischio

Quando la redazione di un giornale ti incarica di realizzare delle foto al volo e non hai il tempo per organizzarti al meglio, devi sapere che vai incontro a dei rischi e devi saperli fronteggiare.
Ecco cosa potrebbe accadere...

Non era ancora iniziata l'estate '94 e il photo editor della redazione di Napoli di Repubblica mi chiese delle foto di una ragazza coi faraglioni di Capri sullo sfondo.

All'epoca avevo un nutrito database di amiche e ragazze fermate per strada, sugli autobus, nelle discoteche, alle quali proponevo di far parte del mio schedario che usavo per contattarle quando se ne sarebbe presentata la necessità in cambio di un compenso.

Per le foto di Capri contattai una bella ragazza che conobbi tramite un avviso che misi su Bric'a'Brac. L'avevo già fotografata in precedenza e non mi dava problemi di fotogenia o di armonia del corpo.
Ma la mattina dell'appuntamento al molo Beverello non c'era e l'aliscafo stava per partire. Ed io mi imbarcai da solo pensando "che casino... e mò?".

Mi telefonò sul vecchio cellulare OKI che avevo all'epoca dicendomi che aveva perso l'autobus per arrivare a Napoli e la tranquillizzai rispondendole che non sarebbe mancata altra occasione.

Quella mattina a Capri dovevo quindi risolvere il problema. Ero da solo con la mia Nikon FM2.
Iniziai a girare tutte le spiagge dove c'erano i faraglioni a vista ma non potevo certo continuare a rubacchiare foto alle donne in topless che avrebbe potuto fare chiunque avesse avuto almeno un 300mm.

Arrivai a Marina Piccola e vidi una ragazza abbastanza slanciata vicino a un telefono pubblico di un bar. Iniziai a puntarla e notai che lei mi guardava perchè probabilmente interessata al fatto che avessi una fotocamera a tracolla.
Mi avvicinai e le dissi che dovevo risolvere un problema e se poteva posare per me. Ne fu felice ma non perchè volesse diventare una velina, ma perchè si sensibilizzò alla cosa in quanto era collaboratrice di un giornale di Bologna e capì che stavo nei casini.

Gli scogli dei faraglioni erano dunque superati, ma ci fu un altro scoglio: il permesso della madre visto che la tipa era ancora minorenne. La madre mi chiese il tesserino di giornalista che io non ho mai avuto e le spiegai che un fotografo non deve essere necessariamente giornalista per pubblicare sui giornali. Si convinse e finalmente riuscii a tirare qualche scatto coi cinque minuti decisi dalla mamma-manager alla quale feci firmare poi la liberatoria che in questi casi porto sempre con me.

La foto che vedete qui fu poi ripubblicata svariate volte. A volte coi faraglioni per intero, a volte no perchè tagliata. Non è un granchè di foto ma era quello che voleva il photo editor. Con la ragazza rimasi in contatto per qualche anno ma ora non ne ricordo più il nome.

Morale:
qualsiasi incarico abbiate, non mollate. Portate sempre a casa qualcosa. Siate testardi, siate umili nell'approcciare la gente. Siate veri, leali e trasparenti.

giovedì 20 novembre 2014

Hopeful Monster, mostri pieni di belle speranze


Hopeful Monster, mostri pieni di belle speranze. Sono quelle persone che hanno grandi intuizioni portando innovazioni in qualsiasi campo. Sono gli uomini e donne del cambiamento.
Nel 1988 la rivista King delle edizioni ERI-RAI dedicò un servizio agli Hopeful Monster citando alcuni personaggi importanti del secolo.

Copertina di un numero della rivista King edizioni Eri RAI
King, il mensile che aprì al mondo
King era una bellissima rivista con grafica innovativa e contenuti originali. L'acquistavo anche perchè mi accorsi che fotograficamente era l'unica di quel periodo che pubblicava immagini fotografiche che andavano oltre i tradizionali cliché. Fotografie che potevi trovare solo in riviste specializzate come ZOOM ma che, con King, erano diventate accessibili a un pubblico più vasto.
Il direttore Vittorio Corona era evidentemente anche lui uno che guardava avanti.

Le nuove tendenze fotografiche
Il giornale era un mensile e conservai per diversi anni un paio di annate intere anche perché ero un abbonato.
Fu con questo giornale che conobbi lo stile fotografico di Giovanni Cozzi, Herb Ritts, Bruce Weber. Fotografi che negli anni '80 definirono nuovi trend nella fotografia di moda. Quando ancora non dicevamo fashion.
Capii che il bianconero poteva finalmente avere la grana, che il mosso e lo sfocato erano anche gradevoli in certi contesti, i viraggi seppia o blu servivano per definire atmosfere; le donne erano ritratte a luce naturale nella loro massima spontaneità, come ragazze comuni, evidenziando maggiormente un'energia carica di erotismo e femminilità che non avevo trovato ad esempio nelle immagini di Helmut Newton.

Noi che non avevamo il web
Era la rivista del cambiamento. Unisex. Poteva interessare a chiunque avesse un minimo di curiosità per "il mondo fuori". Perchè non c'era internet e solo poche trasmissioni televisive, tipo quelle di Carlo Massarini, mostravano ciò che noi umani non possiamo immaginare...
Si navigava nella rivista in random, si sfogliava divorandola con gli occhi e poi si tornava ai servizi che più interessavano.
Il motore di ricerca era ovviamente l'indice.

Hopeful Monster
Ci fu un servizio in uno di quei numeri che catturò la mia attenzione. Era a cavallo tra la fantasia e il reale. Inverosimile. Riguardava gli Hopeful Monster. Persone piene di belle speranze. Personaggi che hanno cambiato il mondo. Lessi della teoria del genetista tedesco Richard Goldschmidt e degli effetti sull'evoluzione dell'uomo, secondo il giornalista che scrisse il pezzo.
L'articolo sosteneva che tra di noi ci sono individui "venuti da un altro pianeta" citando personaggi che con le loro intuizioni e con il loro rompere le regole hanno stravolto il modo di fare scienza, tecnologia, cultura. Personaggi che sono riusciti a far compiere un salto al settore di cui si occupavano.

Non ricordo di preciso quali erano i personaggi citati in quell'articolo ma, per intenderci, erano del calibro di Elvis Presley, David Bowie o Keith Emerson, se vogliamo passare per la musica; Galileo Galilei o Leonardo Da Vinci se attraversiamo il '500-'600; Antoni Gaudì se parliamo di architettura; gli impressionisti se pensiamo quello che hanno combinato per l'arte subito dopo la scoperta della fotografia ecc. ecc.

Non a caso la rivista King pubblicò un pezzo del genere. Essa stessa era avanti per grafica, fotografia e contenuti rispetto al panorama editoriale dell'epoca.
Fortunatamente oggi, anche se rimasti orfani del sogno made in 80s su carta patinata, abbiamo riviste sfogliabili online come Wired e Treehugger che, almeno per quanto mi riguarda, soddisfano quel bisogno di conoscenza oltre.
Perchè gli Hopeful Monster ci saranno sempre.

© Marco Maraviglia - tutti i diritti riservati

mercoledì 19 novembre 2014

Lorenzo Jovanotti Cherubini e le foto inutili

Lorenzo Jovanotti Cherubini © Marco Maraviglia

In occasione di eventi da fotografare non conviene mai stare vicino ai colleghi fotografi ma bisogna cercarsi sempre situazioni diverse. Forse il fatto che te ne stia in disparte potrà attirare su di te inimicizie ma se fotografi per vendere, meglio andare per la propria strada.

Napoli. Stadio San Paolo 13 giugno 1994.
Venti anni fa.
Due "armadi" della sicurezza al varco dei sotterranei dello stadio San Paolo.
Avevo il mio pass che non mi consentiva di accedere alla zona rossa, ai camerini, per intenderci.
Guardai negli occhi i ragazzi della security:
- vado per un saluto a Lorenzo; dissi molto convincente.
Si guardarono tra di loro e mi fecero passare.

Nei sotterranei trovai solo due giornalisti che erano lì per una testata svizzera e il loro fotografo.

Questa foto fu scattata al volo durante l'intervista degli "svizzeri". Fu un attimo che Lorenzo si girò verso di me cercando di capire forse chi diavolo fossi.

Lorenzo Jovanotti è un personaggio che, nonostante il naso irregolare, come lo prendi prendi, è fotogenico.
Notate inoltre l'alone chiaro intorno a lui: la foto non è ritoccata, è l'aurea dell'artista.

Non avevo il flash, ho sempre usato la Kodak TMAX3200 tirata a 6400 ISO perchè uso zoom poco luminosi e anche perchè all'epoca gli obiettivi stabilizzati costavano una cifra.

La foto fu venduta ad alcuni quotidiani nazionali.
Il resto delle foto che scattai durante quel concerto furono scatti inutili.


martedì 11 novembre 2014

Che fine ha fatto la bella fotografia?

La cultura usa e getta dei social network sta portando al collasso il concetto di bellezza su tutti i livelli, toccando anche la fotografia, generando una distorsione percettiva stravolgendo quelle regole essenziali dell’estetica.


Abstract
Questa mia riflessione che vi propongo nasce dall’osservazione di alcuni episodi sull’utilizzo di immagini di bassa qualità nella comunicazione pubblicitaria.
Capita di vedere infatti immagini che ritraggono persone con inopportuni riflessi sul viso, cattiva disposizione delle luci, pessima postproduzione, elementi nelle inquadrature che “non servono” creando solo rumore visivo, improbabili posizioni dei corpi ecc. ecc.

Il problema in tutto ciò non è tanto la scarsa qualità delle immagini ma il fatto che i committenti, pur di risparmiare, si affidino a fotografi inesperti generando inconsapevolmente un trend visivo che viene assorbito dal pubblico e che nel proprio immaginario lo prende per buono.

Non solo. Succede inoltre che tali fotografi inesperti vengono considerati professionisti, addirittura artisti, e riescono a lavorare solo perché hanno in portfolio il lavoro fatto “per”.
E secoli di studi e creazione della bellezza vanno a puttane spingendoci sempre più verso “la grande bruttezza”.


Il potere del design
Chi dice che “non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace”?
Lo dice probabilmente chi crede che la regola sia trasgredire le regole, ma questo dovrebbe permetterselo solo chi è padrone delle regole.
La bellezza la assimilerei a una parola spesso usata impropriamente: design.
Perché, in barba a ciò che pensano certi artisti contemporanei, la bellezza va progettata e non improvvisata.


Regole trasgredite e amicizie
Trasgredire le regole per realizzare belle fotografie si può, ma occorre conoscere a monte le regole tecniche e compositive della fotografia stessa.
© Maja Daniels (rumori visivi / didattica Photo Polis)
Maja Daniels è una fotografa artista le cui immagini fanno discutere proprio per quel suo scattare senza regole. Inquadrature sbagliate, rumori visivi, piedi tagliati. Forse perché abile a coinvolgere committenti immersi nell’ignoranza visiva.

Ma dietro il successo di questi casi occorrerebbe conoscere quelli che sono i meccanismi di relazioni pubbliche intessuti con gli addetti ai lavori.
Perché molto spesso è la rete di conoscenze e non i meriti, la bravura, a far fare strada a qualcuno.
© Maja Daniels (rumori visivi / didattica Photo Polis)
Oliviero Toscani ritengo che non sia un bravo fotografo, tecnicamente parlando, ma conobbe in vacanza Luciano Benetton col quale entrò in sintonia e gli spianò la strada facendogli realizzare le immagini per le sue campagne pubblicitarie. Buone idee perché trasgressive, spesso a sfondo sociale e in questo fu pioniere in quanto iniettò nella comunicazione problematiche che nulla avevano a che vedere con maglioni e calzerotti colorati. Toscani riuscì a creare un valore aggiunto all’azienda facendo parlare di sé e dell’azienda. Galeotto fu l’ombrellone.


Estetica, questa sconosciuta
Chi ha studiato estetica al liceo sa di cosa parlo. I filosofi greci hanno gettato le prime basi sul concetto di bellezza che ritengo evergreen, intramontabili. Fondamenta che ogni progettista, ogni artista, fotografo, ogni produttore di qualsiasi oggetto, ogni manager di qualsiasi disciplina, dovrebbe tenerne conto.


Il progetto fotografico
La fotografia è comunicazione e come tale va progettata senza fermarsi dietro al solo progetto delle immagini che si intendono realizzare, ma organizzandone la loro collocazione (destinazione d’uso finale), la loro funzione e fruibilità, il loro futuro, la loro conservazione. Altrimenti sarebbero immagini inutili. Immagini che avrebbero una manciata di secondi di vita e poi dimenticate, perse nell’antro di qualche hard disk, nei secoli dei secoli. Anche se belle, purtroppo.


La grande bellezza
© Rodney Smith
La bellezza è matematica, è geometria, è proporzione. La bellezza è armonia e ritmo.
La musica è matematica. Immaginate se disegnassi a casaccio su un pentagramma le note musicali.
Nell’era classica i greci compresero bene quelli che sono i canoni della bellezza. Ricercatori del benessere fisico e mentale, i greci capirono che anche l’occhio, per trasmettere benessere alla nostra anima, esige un ordine che può essere dettato solo dal linguaggio geometrico.

I migliori graphic designer sanno che in un impaginato è meglio togliere che aggiungere elementi. Ogni qualcosa in più crea rumore visivo, interferenza, disturbo nella lettura.
Ma si tratta di bellezza funzionale. Ergonomia per la leggibilità.
La produzione visiva, ciò che realizziamo per essere visto quindi fruito da qualcuno come per le foto, non deve essere necessariamente essenziale come per la grafica.

Le immagini minimaliste, pulite, geometriche, monocromatiche o saturate vanno bene per la comunicazione su Instagram perché devono attirare l’attenzione in uno spazio ristretto di 4-5cmq per catturare followers.
Quando invece ci troviamo a poter inserire le nostre foto in spazi più ampi, possiamo baroccare, nel senso migliore del termine: dettagliare, fornire contenuti visivi più estesi pur restando vincolati alle regole tecniche e compositive.

È tutta questione di reticoli geometrici, di equilibri fatti di forme e colori. La “regola dei 2/3” è la base dei principianti perché c’è dell’altro. Rettangoli aurei, triangoli, cerchi, ellissi, spirale di Fibonacci e tanta altra roba che non sto qui a raccontarvi.

Il fotografo professionista è allenato ad osservare con una gabbia immaginaria impressa sulla retina, fatta di diagonali, mediane e forme geometriche inscritte e circoscritte. Anche per questo è un professionista. Perché ha sviluppato negli anni quel senso estetico tale da capire qual è l’inquadratura più giusta per creare armonia e ritmo in ciò che riprende.


Dignità alle immagini
Siamo in un periodo storico in cui si trascura il dettaglio, la professionalità è un optional. Con l'alibi della crisi economica il mondo intorno a noi si sta rivestendo di bruttezza. E proprio l’Italia che ha sfornato il Rinascimento, il Made in Italy e che ha il più grande patrimonio artistico-culturale che possa avere un Paese, dovrebbe tirarsi fuori da questo trend.

Istituzionalmente si dovrebbero rivedere i programmi didattici nelle scuole per affrontare in maniera adeguata e più seria l’educazione visiva, lo studio della storia dell’arte e dell’estetica. E, perché no, formare commissioni di esperti che diano una licenza di esercizio, una patente obbligatoria, un’abilitazione a chi voglia esercitare certe professioni come la fotografia. Specie se si intende utilizzarla per la comunicazione pubblica.

Se non altro, per ridare dignità alle immagini.

© Marco Maraviglia - tutti i diritti riservati



lunedì 3 novembre 2014

Fotografo la mia città. Un PON per ragazzi difficili.

Fotografo la mia città: un progetto PON realizzato da Marco Maraviglia come docente esperto presso l'ITG Gian Battista Della Porta di Napoli.

Ragazzi a rischio di dispersione scolastica, iperattivi, demotivati nel seguire le regole istituzionali, quelle della scuola, fatte di rispetto degli orari, degli impegni didattici... eppure, se coinvolti individualmente, adeguandosi un attimo a quelli che sono i loro tempi, qualcosa si riesce a tirare fuori. La fotografia è uno strumento adatto a sollecitare interessi diversi da Facebook e smartphone.


Non sono ragazzi stupidi, sono solo sfuggiti alle regole dell'auto-disciplina. Il risultato di condizioni socio-antropologiche che non sto qui ad analizzare perché non ne ho le competenze.
Partecipare a questo progetto PON per l'ITG Gian Battista Della Porta è stato un lavoro divertente.
Se non altro per aver messo alla prova le mie abilità persuasive, che non sapevo di avere, nei confronti di ragazzi difficili, a rischio di dispersione scolastica.
Alcuni di loro non andavano la mattina a scuola e si presentavano il pomeriggio nell'aula multimediale: "pecchè ce state vuje, pssò" (perchè ci siete voi, prof).

Questo opuscolo è il risultato generato dal caos, dalla mancanza di disciplina di ragazzi che non riescono a stare un attimo fermi in un'aula scolastica.
Alcuni di loro saranno geometri, altri hanno purtroppo già abbandonato la scuola.
Io li ricordo tutti con simpatia, dal bullo al disturbatore, dal capo branco al fanatico del sesso che poi non sapeva manco cosa fosse.

È un piccolo esempio che qualcosa si può fare. Nessuno è irrecuperabile.
Ogni individuo è diverso e come tale va trattato.
Buona lettura.