sabato 25 febbraio 2017

HELMUT NEWTON, IL FOTOGRAFO FEMMINISTA

Dal 25 febbraio al 18 giugno 2017, saranno esposte al PAN – Palazzo delle Arti Napoli, oltre 200 foto del fotografo di moda Helmut Newton.
Eccone una chiave di lettura.



Attualmente è uno dei fotografi di moda più imitati al mondo ma inimitabile. Perché pochi come lui hanno fotografato le donne scavalcando la barriera maschilista ponendosi sul terreno della complicità, del gioco, dell’ironia, del rispetto dell’imperfezione.


Quei favolosi anni '80
Helmut Newton, Saddle I, Paris 1976
Bisogna catapultarsi un attimo oltre 30 anni indietro per lasciarsi emotivamente coinvolgere dalle foto di Newton e comprenderne alcuni aspetti estetici.

In quel periodo c’era un clima da secondo boom economico, le aziende investivano in pubblicità con fatturati che non sono stati mai più raggiunti, nasceva “l’edonismo reganiano”, così coniato dal lookologo Roberto D’Agostino. Scomparsi gli hippy subentrarono yuppy tirati a lucido, capelli ingelatinati, manager di successo del terziario il cui scopo fondamentale era denaro e bella vita.

In Italia con la liberalizzazione delle frequenze TV, si uscì fuori dagli stereotipi della televisione di Stato e si aprì un mondo nuovo, fiorirono le reti televisive che mostravano l’opulenza, l’eccesso chic e kitsch di forme di vita prima sconosciute. E la grande moda entrava nelle case di tutti.
Si rincorrevano i modelli di bellezza delle riviste patinate, corpi tonici e tosti, culi sodi e tartarughe e quasi in ogni strada c’era una palestra per il body-building.
Incombente era il fantasma, ma mica tanto, dell’AIDS. La morte di personaggi del mondo dello spettacolo e dell’arte erano come i peggiori spot pubblicitari che creavano il terrore di fare sesso e la frustrazione del non farlo.

Il benessere alimentava desideri orgiastici attivando meccanismi mentali tra cui lo sviluppo della cultura dell’erotismo. Riviste come Playboy, Playmen, Hustler diventavano superate di fronte a quelle che invece erano “storie di erotismo” come 9 settimane e ½ di Adrian Lyne, regista di grandi spot pubblicitari che irrompeva nel cinema con un nuovo genere ritmico, emozionale, “fotografico”.
Fiorivano le riviste di spettacolo, fotografia, moda e fu in quel periodo che nacquero i primi nudi nella fotografia di moda il cui pioniere fu Helmut Newton.

Le modalità operative
In un piccolo spazio della mostra al PAN c’è la possibilità di vedere un filmato che consiglio di non perdersi. È realizzato da June Newton, moglie del fotografo e si evincono le caratteristiche del modo di rapportarsi con le modelle.
Punto di forza della professionalità di Helmut Newton era la capacità di stabilire un contatto alla pari coi suoi soggetti da riprendere.
Era solito prestare la sua fotocamera alle modelle affinché si ritraessero allo specchio per farle sentire a proprio agio. Alcuni di quegli scatti furono poi pubblicati sulla rivista Elle e per un libro. Altro che selfie di oggi!!!

La modella era innanzitutto persona. Una donna che poteva anche avvelenare o soffocare con un cuscino il marito, parodiando i fatti di cronaca in veste “pop-pulp”. La femminilità non era oggetto ma l’arma per raccontare una personalità sì seducente, ma non per questo sottomessa.

L'erotismo
Nelle immagini di Newton c’è una tensione erotica rilassata, naturale. Come le pose di Lisa Lyon nelle quali non è esaltata come dalla graficità tipica delle immagini di Robert Mapplethorpe, ma È LEI contestualizzata e con quella sua muscolatura che la riporta alla bellezza classica dei canoni greci.

L’abilità di realizzare nudi con una forte carica erotica senza sfociare nella volgarità è una roba per pochi addetti ai lavori. La posizione delle mani in una fotografia di moda ti fa capire lo spessore professionale del fotografo.

Il ritratto a Charlotte Rampling è una storia. Intima. Un invito forte ma delicato all’osservatore di concedersi bacco, tabacco e venere. Sul tavolo su cui è seduta l’attrice, oltre al pacchetto di sigarette e una coppa, c’è una chiave. Un dettaglio che apre a un immaginario che va oltre il nudo stesso.
La serie “vestite e svestite” mostra un’ironia che soggioga la fantasia maschile, magari proprio quella di chi desiderava acquistare gli occhiali a raggi X (ma qualcuno li ha mai comprati?) per vedere sotto le vesti delle donne. Ecco, sembra vogliano dirci, “mi vedi vestita? Ti mostro anche il mio corpo”, smontando lo stimolo voyeurustico anche al più allupato degli uomini o sortendo quell'effetto ironizzato da Elliot Erwitt per la Maya vestita e desnuda di Goya.
© Elliot Erwitt; Maya desnuda e Maya vestita; 1951

Ma il voyeurismo stimolato da Newton è anche inverso con i brillanti “outdoors” realizzati sulle terrazze di New York o dalle finestre di Parigi. “Aho’, sto ignuda davanti a tutti ma nun me puoi vedè”.

La metafora
Incontriamo immagini spesso metaforiche, allusive, dove il sesso sembra vissuto a volte con intenzione sadomaso ma è il paradosso che vince, come il surrealismo di una sella sulla schiena o una corda che lega la modella sorridente a un manichino.
La donna in ginocchio che porge la bocca alla coppa del compagno posta in maniera eloquente ma quello stesso compagno non vede che la sua donna porge una mano sulla gamba di un altro. Quasi un volerci ricordare che trattandole con noncuranza possono fregarci.

Due uomini rimasti soli non possono che concedersi l’accensione di una sigaretta non da una donna, ma da un manichino in versione glamour.

Il genio
E poi la genialità di anticipare film come La morte ti fa bella o La grande bellezza (la scena di quando le donne stanno in fila per i trattamenti di butolino), ritraendo donne in improbabili beauty-farm che sembrano invece luoghi di tortura al proprio corpo che andrebbe invece vissuto secondo il tempo che trascorre. Perché la bellezza non è perfezione fisica ma anche un culo cascante, le tette piatte, il segno di uno slip sulla pelle. In una foto di nudo ci stanno. Ma non tutti possono permettersi di immortalare con maestria tutto ciò.

L'imperfezione
Il buon rapporto di Newton con l’imperfezione si evince anche da alcune sue inquadrature non sempre in asse sotto l’aspetto architettonico (v. il salotto della serie “Villa d’Este”), dalla grana spinta nei forti ingrandimenti del 35mm, da un fuori fuoco o micro-mosso. Perché ciò che conta è l’impatto, l’idea e a volte l’istintività nello scattare senza badare a quanti ISO hai in macchina in quel momento o se la luce è quella giusta. Perché era evidentemente consapevole che la sensualità delle cose è nei suoi limiti.

Complicità sul set fotografico
Matthias Harder e Denis Curti, curatori della mostra
L’autoritratto con moglie e modella è l’immagine portante della comunicazione della mostra. L’apoteosi del modo di lavorare di Newton, confidenziale, interpersonale, schietto. Le modelle non temono l’obiettivo e la creatività del fotografo perché l’atmosfera è familiare, sempre complice in quanto per lo più “presidiata” dalla presenza della moglie.

Il fotografo sociale
Il nudo come Grande Bellezza che sembra voler combattere le storture maniacali, psicotiche, di un certo genere umano raggiunge l’apice con le foto stampate in grande formato realizzate quando vide che il governo tedesco affisse manifesti giganti dei ricercati della RAF. Concettualmente il male, il brutto, la violenza, possono essere combattuti inondando di bellezza la nostra vita intorno.
Anche fotografo sociale? Sì, possiamo dirlo.

Stampe fotografiche analogiche
Denis Curti, curatore in tandem con Matthias Harder della mostra, garantisce che tutte le foto non sono stampe digitali. Quindi andate ed immergetevi nel mondo di Helmut Neustädter alias Newton, un fotografo femminista che ci ha lasciato una grande eredità per amare le donne.


INFO:
Al PAN - Palazzo delle Arti Napoli
Dal 25 febbraio al 18 giugno 2017