venerdì 26 maggio 2017

Steve McCurry giurato di Master of Photography: permette una domanda?

Da ragazzo mi dicevo che un tradimento non è tutta la vita ché si poteva perdonare e potevi continuare a stare con la ragazza che amavi.
Con l’età sono diventato intollerante e voglio permettermelo di esserlo: se mi inganni non puoi avere più nessuna mia considerazione. Hai perso la mia fiducia. Le nostre strade si dividono. Ciao ciao.
Tolleranza zero. È il mio nuovo limite e mi piace. Involuzione caratteriale? Mi piace.


La fotografia è un continuo inganno. Un continuo tradire la fiducia dell’osservatore che non saprà mai oltre i quattro lati del perimetro di un’inquadratura cosa c’era al momento dello scatto.
Anche per osservare la fotografia più banale, a volte non basta guardare ma immaginare, riflettere. Perché se ti fermi di fronte alle due dimensioni e non attivi il pensiero, è come se stessi ascoltando passivamente un blablabla. Se poi preferisci crogiolarti in ciò che vedi, assorbire il messaggio che ti arriva, o ascoltare senza il desiderio di porti domande, va bene uguale. Ma non è il mio modo di fruire la vita.
Preferisco aprirmi un ventaglio di domande e cercare le risposte. Insomma, preferisco non farmi i fatti miei. Tradotto: sono curioso.


Chi ti sta raccontando ciò che vedi? L’amico di famiglia appena rientrato dalle vacanze o uno dei più grandi fotoreporter del mondo che sta scrivendo la storia attraverso le sue foto?
Tu vedi le foto e ti dici “ah, fantastico!” ma non sei fotografo e quindi non sai che se vai anche tu in quel luogo non troverai mai quei colori così saturi e non incrocerai nessun bambino che si punta una pistola alla tempia a meno che non glielo chieda tu magari offrendogli una colazione per lui e la famiglia.
Guardi e dai per certo ciò che vedi perché non hai gli strumenti per capire quanta mancata verità hai davanti. Perché non devi averceli quegli strumenti. Perché dovresti fidarti e basta per l’autorevolezza di chi ti mostra un mondo che non hai a due passi da casa.


Ho visto un uomo che al posto della tibia “calzava” un pezzo di palo di un segnale di una strada di Cuba.
Quell’uomo di colore l’hanno visto in tanti, poi altri hanno visto il bugnato sullo sfondo che aveva crepe che non erano crepe e c’erano pezzi mancanti sul bordo di un’auto presente in quella stessa immagine.
Fu così che nacque il caso-McCurry, il più grande fotografo del mondo della più grande agenzia fotografica del mondo che non sapeva quanto era successo a quella sua foto e si incazzò col tecnico di laboratorio che rimosse dall’incarico. Almeno così disse. Forse lo fece per davvero. Non mi è poi capitato di leggere alcuna intervista di questo tecnico di laboratorio che impasticciava le foto del più grande fotografo del mondo. Fatto sta che nessuno, né McCurry né il tecnico di laboratorio, ha mai spiegato cosa tecnicamente fosse successo di preciso a quell’immagine.


Un Photomerge non verificato nei dettagli prima di stamparlo in grande formato? Un tentativo maldestro di copia/incolla da altra foto per aggiungere/togliere qualcosa in quel punto?
Nessuna precisazione perché forse nemmeno alla Magnum sanno che la funzione photomerge del Photoshop non può correggere in automatico le aberrazioni provocate da oggetti/soggetti in movimento ripresi durante gli scatti da “photomergiare”.


Basta, la mia storia con McCurry finisce qui. Mi ha ingannato e tutte le sue immagini che osserverò in futuro, le passerò con diffidenza sotto il lentino. Resta però da lodare il fatto che sei arrivato in quei luoghi remoti, con alti rischi, con grandi sacrifici mangiando robaccia qui e lì trascorrendo nottate intere sveglio tra cecchini, esplosioni e fumi di pozzi di petrolio bruciati.
A proposito, ma se proprio vuoi drammatizzare il cielo rendendolo più scuro, non dimenticare di selezionarlo tutto, specie se poi devi stampare le foto in grande formato per una mostra perché può capitare che passi il Pierino di turno che cerca il pelo nell’uovo.


Se scopro che mi hai ingannato una volta, potresti averlo fatto anche altre volte o che potresti rifarlo; è uno sporco teorema d’amore. “A pensar male…"
Perché oltre a quel cielo forzatamente scurito, mi fa strano vedere quel proiettile messo in piedi sotto la canna di un tank sfidando un equilibrio che in guerra lo trovo improbabile. Perché non è adagiato a terra? E perché sta proprio lì? E perché quella vacca nera sta lì, da sola? Devo credere che non l’hai tirata fuori da un altro scatto per mettercela lì? Posso avere la libertà di dubitare pur non essendo mai stato in guerra?


Io non sono un fotoreporter, ma ho visto e so che non raramente una foto è preparata. A volte qualcosa è realmente accaduto e il fotografo ri-coreografa i soggetti per far ripetere la scena perché se l'era appena persa. Ricostruirla. Un altro ciak. Dal vero si passa al verosimile o, meglio, a una realtà ricostruita. Ma la “notte degli scoop” va oltre, fatta di copertine che spaccano mostrando improbabili spacciatori fuori le scuole e innanzitutto fuori fuoco, per dare una parvenza di vero, e VIP che sapevano di dover fare un tuffo nudi a Capri per tornare un po’ alla ribalta non prima di aver avvisato gli amici paparazzi o presunti tali o direttamente il direttore del giornale.
Se ti accorgi che c'è un pacchetto di sigarette accartocciato sotto una balaustra solo al momento di inviare la foto di un monumento all'editore, che fai? Croppi o ritocchi? E venti anni fa come ti regolavi quando scattavi su dia?
La tentazione del ritocco è forte, tanto il profano non se ne accorgerà. È una vecchia storia. Il milite di Capa è una vecchia storia. Certe foto di regime sono vecchia storia. La menzogna è una vecchia storia.


È un mio limite. Quello di non credere più a nulla. È più vero ciò che immaginiamo che quello che vediamo. I colori saturi già è una cosa che non fa tanto giornalismo ma che sfiora l’artistico. Ma non è questo ciò che mi turba. In effetti nulla mi turba ma semplicemente me li fa girare, a me che quando scontorno una porzione di foto non mi basta cliccare due volte sullo strumento lente ma ingrandisco oltre il 100% cercando la perfezione certosina. A me che ne trovo tanti di pasticci di postproduzione in varie mostre pensando che io invece non posso permettermi di sbagliare perché non essendo famoso rischio di cadere definitivamente nell'oblio. A me che per migliorare un lavoro chiedo l’aiuto di colleghi, grafici, artisti, organizzando un happening per avere i loro suggerimenti. A me che i fumi non li saturo senza accorgermi di non aver selezionato un buchetto, ma me li creo direttamente col Photoshop.


Chi ha visto da vicino, ma veramente da vicino le foto stampate di McCurry?
Lo chiedo a chi osanna il lavoro di McCurry: chi ha mai visto i suoi RAW da vicino, sul monitor, mentre vengono scaricati?
Personalmente se non vedo quelli mi restano tanti dubbi. E secondo me, dopo aver visto le sue foto in occasione di una mostra, un minimo di competenze per dire che gran parte di esse sono state scattate direttamente in jpeg, credo di averle; perché se nelle zone neutre oltre ad esserci un eccesso di rumore del colore, l’artefatto è troppo evidente, mi fa strano. O hai scattato a 25mila ISO in pieno giorno?
E voglio avere i miei dubbi su quel tipo con la giacca che passeggia con le mani in tasca e
senza che io capisca quei piedi dove affondano, ma innanzitutto, da quale sentiero sta provenendo? Ha fatto un salto da un paio di metri dietro di se? L’ha fatto mantenendo le mani nelle tasche?
E riguardo certe sfocature in altre immagini? Che diaframma usa? Un f:2.8 “intermittente”? Ma siamo sicuri che i campi sfocati non si confondono con quelli che dovrebbero essere realmente nitidi? Esistono fotocamere che restituiscono diverse profondità di campo al momento dello scatto? E in che dosi mi fai le spennellature in camera-raw?


Queste sono cose che mi riservo di raccontare solo in occasione degli incontri fotografici che tengo con allievi curiosi; cioè mi pagano per ascoltarle. Che vi piaccia o no. Ma ho deciso di raccontarvene qualcuna in questo post.
Potrei aver farneticato su qualcosa, ma sai, io che non ho il curriculum di chi ha lo studio che affacciava sulle torri gemelle, cerco di osservare chi ha successo per cercare di apprendere qualcosa, per migliorarmi e a volte, osservando osservando, cerco di darmi spiegazioni a ciò che non mi torna.


A me non interessa solo ciò che professionalmente hai fatto ieri, ma cosa sei diventato oggi grazie al tuo ieri. A me interessa come stai chiudendo la tua carriera. Se sei stato un ottimo cavallo da corsa, sarai messo a fare lo stallone o la mamma e nasceranno nuovi campioni. Ma se ti sei dopato per vincere, anche i tuoi figli dovranno doparsi per vincere.
La lealtà in certe sfere della vita personale o professionale, che grado di importanza ha per chi ci segue? È più coraggioso bluffare o dire la verità?


Caro Steve McCurry, vorrei essere un editore per poterti pubblicare tra cent'anni l’ultimo libro della tua vita con video annesso per darti la possibilità di dimostrare che invece, dai RAW al dopo, c’è poca differenza. Per renderti giustizia per sempre e lasciarti la meritata gloria maturata col tuo brillante back-ground.
Perché sai, a me questa storia che sarai giurato in un talent come Master of Photography mi sa tanto da “Isola dei Famosi” dove ci vanno tipi un po' sfigati che nessuno se li fila più. D’altro canto da certi “talent” televisivi sono usciti certi cantanti che non abbiamo più visto in circolazione: sono proprio usciti, in tutti i sensi!!


Che ruolo avrai come giurato in questa grande invenzione di Sky Arte quale Master of Photography? A cosa baderai? All’aspetto compositivo delle immagini? Al contenuto giornalistico? Alla postproduzione delle immagini prodotte dai partecipanti? All’etica, alla lealtà nel fotogiornalismo? Alla commerciabilità delle immagini?


O alla credibilità che può avere un pezzotto?