Tate di Londra |
Il valore dell’arte contemporanea…
Quali sono i parametri che definiscono il prezzo di un’opera d’arte?
Intorno al mondo dell’arte girano figure professionali che contribuiscono alla quotazione degli artisti ma può capitare che nel meccanismo si infilino situazioni, e quindi non solo persone, che possono concorrere a definirne i prezzi.
L’artista o l’autore, come qualcuno preferisce definirsi, può realizzare qualcosa di geniale, di unico, di eccezionale ma se non è conosciuto da chi opera nel sistema-arte, resta nell’oblio.
Al contrario, ci sono artisti che pur realizzando opere di dubbio valore, riescono ad avere un “coefficiente” alto grazie a tutta una serie di combinazioni (amicizie, entrature, marketing, partecipazione a mostre prestigiose anche se a pagamento, incontri fortunati…).
In Artisti si diventa di Angela Vettese vi sono raccontati alcune situazioni di come gli artisti possono raggiungere la notorietà che desiderano.
Notorietà, sì, perché è una condizione indispensabile per entrare nel mercato dell’arte.
Galleristi, critici, mercanti d’arte, art dealer, art advisor, curatori, media… grosso modo sono loro che alimentano la notorietà di un artista ma non è “automatico”.
C’è tutto un lavoro di relazioni che va tessuto e che porta via non poco tempo all’artista che per relazionarsi penalizza il suo tempo prezioso che andrebbe invece destinato alla realizzazione dei propri lavori.
Perché c’è quello strano meccanismo della condivisione, quello che una volta si chiamava “tam-tam”, per cui se un opinion leader del mercato dice “carino”, via, giù tutti a seguire alimentando il fuoco.
Ma stacchiamoci un attimo da quello che è l’art-system.
Al di là della “firma”, della notorietà dell’artista/autore, cosa dovrebbe definire il prezzo di un’opera?
Per me ci sono dei parametri fondamentali che cercherò di enunciare…
Componente emozionale
Ci sono amanti dell’arte che non hanno grandi competenze in merito ma puntano sui loro gusti, sul proprio fattore emozionale. Economicamente facoltosi o meno, sono quelli che non si lasciano abbindolare dalle proposte del mercato, dalla “griffe”, ma hanno l’intuizione di individuare artisti sconosciuti che li catturano.
Se hanno disponibilità economiche non battono ciglio quando l’artista dice il prezzo di una sua opera anzi, possono rilanciare offrendo un prezzo maggiore come se fossero giocatori di poker sicuri di avere una scala reale tra le mani. Il che vale come incoraggiamento per l’artista emergente.
Sono collezionisti che considererei veri e propri talent-scout. Sono quelli che frequentano mostre snobbate dai media, bazzicano mercati occasionali, sono quelli che curiosano, chiedono, cercano di trovare l’autore di qualcosa che hanno visto esposto in una vetrina di un negozio e il loro fiuto spesso c’azzecca.
Durata e caducità dell’opera
Negli ultimi 20-30 anni si sta assistendo al sorgere del problema di deperibilità di alcune opere di arte contemporanea.
Mentre olii, marmo, bronzo sono materiali che durano nel tempo e le cui tecniche di restauro sono già ampiamente sperimentate e sicure, carta, gomma, plastica, tecnologie ed altri materiali effimeri comportano problemi di conservazione e restauro le cui modalità sono ancora in parte sperimentali.
La carta se non è fatta di cellulosa e cotone puro, contiene un Ph alto (acidità) che porta a un deterioramento più rapido. La gomma si può ingottare. La plastica si opacizza nel tempo. Le opere tecnologiche potrebbero creare problemi di recupero di hardware per il restauro. Una stampa Cibachrome può perdere la sua brillantezza “metallica”.
Quanto si è disposti a spendere per un’opera “non ereditabile” o la cui conservazione costerebbe per gli interventi di restauro?
Artigianalità
Una camicia fatta a mano con maestria minuziosa costa più di una prodotta in serie con macchine automatiche. Viste da lontano entrambe possono sembrare identiche ma osservandole da vicino e con attenzione se ne possono scorgere le differenze “respirando” il lavoro manuale del sarto che ha cucito a mano, con ago e cotone, ogni occhiello.
Un oggetto in vetro di Murano ha una lavorazione facilmente distinguibile da un vetro venduto a Murano, spacciato “di Murano” ma siglato CE che non sta per Comunità Economica Europea ma per China Export.
Una ceramica di Capodimonte ha un suo valore per la certosina abilità dell’artigiano che l’ha realizzata.
La precisione a volte maniacale del dettaglio è una componente che andrebbe premiata anche nell’arte.
La perfezione non esiste, ma un buon occhio sa riconoscere il desiderio di perfezionismo dell’artista in un’opera: dettagli iperrealistici, cura delle ombre e delle luci, sfumature, proporzioni auree, giusti rapporti tra spazi e distanze degli elementi che costituiscono l’opera.
L’assenza di sbavature valorizza il “prodotto”.
Tempo di lavorazione
E con la sapiente e paziente realizzazione del pezzo ne consegue il tempo di realizzazione.
Quanto tempo ci mise il puntinista Seurat per realizzare Un dimanche après-midi sur l'île de La Grande Jatte? Perché Leonardo ha lavorato alla Gioconda così a lungo continuando a ritoccarla fino alla fine dei suoi giorni?
Il tempo di lavorazione andrebbe inteso come la somma del tempo di progettazione dell’opera con quello di realizzazione effettiva.
Progetto
Disegni preparatori, schizzi, appunti scritti, bacheche sulle pareti dello studio invase da ritagli di giornali, prototipi, simulazioni, chiacchierate con chi può aiutare tecnicamente o logisticamente a realizzare un’opera… Perché dietro a certa arte non c’è necessariamente solo compulsione ed istinto, ma progettazione. Che non cozza assolutamente con arte. Almeno nell’accezione originaria del termine.
Come nasce l’idea?
Ma in realtà: esiste un’idea, un concept dell’opera che osserviamo? E, se sì, come ci è arrivato l’autore? C’è una relazione scritta o altro tipo di documentazione del lavoro eseguito? Quali difficoltà ha incontrato l’artista e come le ha risolte per portare a compimento il progetto? Cosa si vuole esprimere attraverso l’opera? L’artista a cosa/chi si è ispirato?
Storia
Io penso che ogni opera vada documentata dalla progettazione alla sua realizzazione e anche tutta la sua vita a seguire: mostre, vendite, aste, foto dell’opera contestualizzata nell’ambiente in cui si trova…
Non si tratta di costruirne una storia artificiosa ma documentarne la sua effettiva vita con foto, video e testi (pensieri dell’autore, interviste, rassegna stampa…) per tenerne traccia realizzando una sorta di book per accrescerne il fattore emotivo e meglio collocarla storicamente.
Una famiglia che continua a stampare le foto dei propri momenti migliori attaccandole negli album e non lasciandole sul cloud del telefonino, crea anche un legame coi nipoti e posteri. Ha una storia “visibile, condivisa” alla quale ci si può affezionare. Un album cartaceo si tocca ed appartiene al possessore, immagini in pixel appartengono all’hardware.
Credo che valga anche per certe opere.
Credo che ogni artista debba curare il proprio archivio in maniera sistematica innanzitutto per far meglio comprendere la sua intenzionalità progettuale affinché non lo facciano altri dopo la sua scomparsa… sbagliando.
In un’intervista ad Umberto Eco questi denunciava il fatto che su Wikipedia doveva non raramente intervenire per ritoccare la sua biografia in quanto con imperfezioni scritte dalla comunità wikipediana.
La documentazione di un’opera e della biografia aggiornata dell’artista le considero valore aggiunto fondamentale.
Valenza sociale
Ci sono artisti di varie epoche che hanno realizzato opere che non sono servite solo ad abbellire un salone o aumentare il prestigio di una famiglia reale.
Penso a Joseph Beuys e le “7.000 querce”; a “La zattera della Medusa” di Théodore Géricault dipinto col quale denunciò il governo francese; alle scene truci di Goya che denunciavano le brutture della guerra così come Guernica di Picasso, ma penso anche ad alcune opere realizzate da giovani artisti e designer in occasione del concorso “Fun Theory” bandito dalla VolksWagen di cui molti conosciamo “Piano Stairs”.
Valenza sociale, ambientale, dissenso di certi meccanismi di Potere (tipo Ai Weiwei, per intenderci).
Se c’è un pensiero legato al contesto storico della creazione di un’opera, c’è un valore immateriale ma pur sempre un valore.
Esclusività
Senza tanto filosofeggiare sulla riproducibilità tecnica dell’arte tanto discussa da Walter Benjamin e inculcata nelle nostre accademie, poniamoci la domanda: l’opera è riproducibile? Ne possono esistere copie? Ha una tiratura limitata?
Per le donne una delle più grandi umiliazioni è quella di incontrare a un ricevimento un’altra donna che indossa lo stesso abito.
In certe abitazioni popolari vediamo quadri prodotti in serie e venduti in certi centri commerciali.
Ma c’è chi vuole possedere qualcosa di esclusivo. Qualcosa che solo lui o pochi altri possiedono.
L’esclusività dell’oggetto posseduto fa scattare un meccanismo di autogratificazione.
Diciamolo: è bello condividere un’opera con gli ospiti che vengono a trovarci a casa o in azienda.
Produzione dell’artista
Una sorta di esclusività potrebbe essere determinata anche dalla quantità di pezzi prodotta dall’artista.
Ci sono opere che necessitano di tempi lunghi per essere realizzate e poi un autore, visto che nessuno lo paga se non vende, deve anche trovare altri modi per sbarcare il lunario. Chi ha una cattedra di insegnamento ha tutto il tempo per produrre poche ma eccezionali opere.
Una produzione minima ma di grande qualità, rende ogni pezzo una rarità.
Originalità: la genialità innovativa
«Mai visto nulla del genere!!!» è il miglior complimento che un artista possa sentirsi dire.
Significa che ha fatto centro. Non c’è bisogno di creare uno shock emotivo per fare centro.
Un’opera è originale quando non è possibile rapportarla a un filone, a un movimento artistico.
L’originalità, la grande idea non viene comunque dal nulla ma da un processo di elaborazione di spunti e relative ricerche di qualcosa che l’autore ha studiato e intende esprimere.
Non somiglia ad altro e se ci somiglia è sviluppata con un passo avanti. È oltre.
Picasso diede un passo in avanti all’arte col cubismo ma già gli impressionisti si posero il problema di rappresentare la realtà secondo quelle che sono le nostre percezioni visive.
Questo, in fin dei conti, è il genio: «i mediocri imitano, i geni copiano» come sembra abbia detto lo stesso Picasso.
Costi di realizzazione
Un’opera a volte necessita di figure professionali altamente specializzate che contribuiscono alla sua realizzazione o c’è bisogno di lavorarle in capannoni industriali, grandi hangar con misure di sicurezza a norma. Tecnologie usate in tandem con tecnologi e scienziati. Imprese edilizie, staff di operai… Tutta roba che costa.
Ovviamente tutto costa ma è l’artista (o chi per lui) che, a chi non è del campo, dovrebbe spiegare che l’incisione a laser sul metacrilicato, una stampa fineart, una levigazione e lucidatura di una scultura in legno ecc. ecc. hanno dei costi.
Costi di manutenzione
Mettiamo che un collezionista acquisti un’installazione di Bill Viola con schermo al plasma. Quanto gli costerebbe farla rimettere in sesto se alcuni pixel del file in loop iniziassero ad autocancellarsi o se lo schermo si bruciasse?
Certo la manutenzione è un costo che non gioca a favore di certe opere.
Prologo
Queste sono solo considerazioni personali che non possono avere l’autorevolezza di chi opera nel sistema dell’arte, ma se io fossi un aspirante collezionista non le butterei affatto.
Nessun commento:
Posta un commento