mercoledì 25 agosto 2010

BREVE ANALISI SULLA FOTOGRAFIA IN CRISI

Morta la pellicola la fotografia è morta

In questo post cercherò di mettere a fuoco quanto è successo in fotografia negli ultimi 10 anni; problemi causati  dal web, dalla computer grafica e dalla fotografia digitale creando crisi nel mercato editoriale.

Con l’avvento di internet e della fotografia digitale, sappiamo ormai tutti che i fotografi professionisti stanno avendo serie difficoltà a vendere i diritti delle proprie immagini. Parlo della fotografia di archivio.

È uno scenario terrificante: molti hanno ridimensionato se non addirittura chiuso il proprio studio, altri hanno cambiato canali.
C’è chi si è messo a fare il fotografo artista, chi l’operatore di Photoshop, chi insegna in corsi di fotografia in qualche scuola privata e magari per qualcuno è stata una vera e propria fortuna per aver cercato e trovato, sbocchi lavorativi più remunerativi che nemmeno immaginava, come intraprendere un’attività editoriale di successo o fare il curatore di mostre.

La fotografia digitale: vantaggi o svantaggi?
Se nel 2000 acquistare una fotocamera reflex professionale era cosa per pochi in quanto i prezzi si aggiravano tra i 5milioni e i 16 milioni di lire, oggi con 1000,00 euro si riesce ad acquistare una reflex con una risoluzione di pixel che consente di produrre immagini più che sufficienti per le pubblicazioni editoriali.
Questo significa che se prima del digitale solo un buon fotografo riusciva a realizzare buone immagini su pellicola, e con scatti “pensati”, oggi chiunque, potendo controllare immediatamente sul display della fotocamera il risultato dello scatto, può raggiungere dei buoni risultati.
Si è quindi creato uno scenario in cui:

  • è aumentato il numero di “fotografi”
  • è aumentata la quantità di immagini prodotte
  • aumentando la produzione di immagini, si è alzata anche la qualità di queste

A fronte di ciò non sono però aumentati editori, agenzie pubblicitarie, studi grafici, stamperie e aziende fruitrici di immagini fotografiche.
Basta citare gli episodi più inquietanti avvenuti negli ultimi 12 mesi:

  • la chiusura di testate leader come Tutto Turismo dopo 30 anni di attività
  • la chiusura della storica agenzia fotografica Grazia Neri

è anche vero che sono aumentati gli spazi per le immagini in questa ultima rivoluzione tecnologica che viviamo (multimedialità, web), ma l’offerta si sviluppa sempre più in maniera esponenziale rispetto alla domanda.
Dare la colpa alla recessione economica in atto è come volersi nascondere dietro a un dito perché l’economia di un Paese è il risultato delle capacità di ogni attore del sistema.
Cosa non è stato fatto per arrivare alla crisi editoriale e quindi alla crisi della fotografia?
Quanto hanno operato le associazioni di categoria (FIEG, TAU Visual, Ordine dei Giornalisti, AssAp... solo per citarne alcune) per scongiurare il risultato a cui si è giunti?
Nella mia fitta corrispondenza cartacea che avevo con alcune di queste associazioni, sono evidenti gli allarmi che lanciai alla fine degli anni ’90.  Scrissi anche un piano fattibile per combattere la pirateria in fotografia di cui in un altro post parlo. Ma probabilmente ero considerato lo Spielberg o il Dario Argento della situazione, un pazzo. Ma il tempo ha dato purtroppo ragione a noi catastrofisti.

In principio fu lo scanner
Accadde negli anni ’80 che l’acquisto di uno scanner non era più una questione elitaria. Dagli scanner a tamburo che potevano permetterseli solo le aziende di arti grafiche o service di pre-stampa, sul mercato iniziarono a comparire i primi scanner piani a costi accessibili per strutture più modeste come agenzie fotografiche, agenzie pubblicitarie, editori, piccoli studi grafici. Chiunque, tra gli addetti ai lavori, poteva ora scannerizzare un’immagine.
Era il diavolo in persona, una macchina diabolica che poteva riprodurre qualsiasi stampa fotografica o diapositiva trasformandola in file. La foto era "stra-riproducibile". Facilmente trasmissibile online o via cartuccia magnetica come si usava all’epoca e poi anche via CD.
In fondo era l’inizio della fine della fotografia. In senso commerciale, dico.
Ricordo che non poche volte mi capitava di vedere piccole tipografie o studi di grafica pubblicitaria, con il loro bel Mac e scanner o anche agenzie pubblicitarie, che riproducevano con scanner le foto dai cataloghi mandati dall’Image Bank (l’attuale GettyImage) o Stock Photo per impaginarle in depliant, brochure, senza corrispondere a tali agenzie le royalties.
Rubare foto con lo scanner non ha fatto chiudere tali agenzie fotografiche e più avanti dirò perché.

Problemi causati da internet
Quello che doveva essere il mondo virtuale della new-economy, fare da volano al business internazionale, è diventato presto un serbatoio di contenuti, testi e foto, da rubacchiare, modificare, tagliare, ampliare, trasformare per creare altri contenuti per altri siti web. Non solo, la grossa quantità di immagini che circolano in rete sono spesso caricate da bravi fotoamatori  che non hanno alcuna nozione sul diritto d’autore e, in buona fede, non si rendono conto di penalizzare i fotografi professionisti. Non solo, le foto caricate in rete sono spesso in alta risoluzione, il che consente di poterle riprodurre a stampa senza perdita di qualità.
Cosa significa: se "Pippo Fotobene", studente alle prime armi con la fotografia, inserisce su un sito tipo Flickr una sola delle sue foto, senza nemmeno vietarne l’utilizzo da parte di terzi, un picture-editor potrebbe trovarla, trascinarla sul desktop e impaginarla per un articolo sul giornale per cui lavora. Pippo il fotografo molto difficilmente saprà chi ha utilizzato la sua fotografia e allo stesso tempo un fotografo che fa il fotografo per vivere, perderà l’opportunità di piazzare una propria foto in quello spazio utilizzato dal picture editor e quindi sarà per lui un mancato guadagno.
Ogni foto pubblicata gratis da qualche parte è un mancato guadagno per il fotografo di quella foto che invece si sarebbe pubblicata a pagamento.

I danni dell’uso improprio dell’e-mail
Per internet intendo ovviamente anche la posta elettronica che è un’altra causa della circolazione di file fotografici spediti in alta definizione, senza preservarsi da furti delle immagini stesse.
È successo infatti che anche fotografi professionisti, spesso sono caduti nell’errore di trasmettere ai propri clienti, file in alta definizione per la sola visione.
Ora, un giornale o un’agenzia fotografica che ti chiede delle foto è per sceglierle tra altre di altri fotografi e, una volta scelte, pubblicherà solo quelle. Ma il fotografo che ha inviato direttamente i files originali, a 300dpi, senza il proprio logo su di essi, non saprà mai se le sue foto sono state poi successivamente pubblicate su una rivista all’estero. Non potrà mai avere il controllo di tutto il pubblicato internazionale. Per arginare questo fenomeno, raro ma comunque possibile, sarebbe bastato ridurre le foto a 20-40Kb con il proprio logo in sovraimpressione, la cosiddetta filigrana.
Sia ben chiaro, il furto di immagini poteva accadere anche quando si spediva il plico coi plasticoni che contenevano le diapositive, ma per un editore era una spesa esosa, duplicare i fotocolors che solo “forse” sarebbero potuti servire per qualche altro numero di un giornale o di un libro.

Le agenzie fotografiche online
E poi, come se non bastasse, altro fenomeno che ha portato alla svalutazione economica della foto, è stato l’ingresso di agenzie fotografiche online che hanno iniziato a vendere “a peso” immagini scaricabili dal web. File fotografici venduti a seconda del peso in Mb del file, talvolta bypassando il criterio di destinazione d’uso e tiratura che erano concetti fondamentali per la cessione dei diritti.
Negli anni ’80 una foto di stock, per una copertina di un settimanale nazionale, veniva pagata mediamente 1.200.000 lire. Oggi, si è arrivati a 2-6,00 euro/foto considerando il fatto che per 3-400,00 euro ti vendono un CD con 50 immagini a tema in alta definizione.
Sono operazioni commerciali discutibili perché fanno riflettere su quelli che possono essere i guadagni dei fotografi calcolati non in base alla cura per la realizzazione delle foto, ma sulla quantità di scatti realizzati e sulla fortuna: la percentuale di foto che riescono a piazzare attraverso il web o i CD-photo (addirittura free-royalties, libere da ogni diritto di riproduzione). Immagini che per lo più sono soggette a invecchiamento, databilità (la moda, le auto, gli arredamenti cambiano nel tempo) e i fotografi che si appoggiano a queste strutture sono costretti a produrre centinaia di foto al giorno per aumentare le possibilità di vendita. Personalmente non credo che riescano in molti a farsi uno stipendio solo con questo tipo di attività.
D’altro canto le agenzie come la Corbis (di Bill Gates) o la Getty Images hanno comunque alle spalle strutture aziendali organizzate per raggiungere i massimi profitti ai minimi costi e infatti non è un caso che stiano iniziando ad accattivarsi le collaborazioni anche dei fotoamatori che pubblicano su Flickr. Fotoamatori alle prime armi con la loro reflex digitale che inconsapevolmente, sognando di diventare “fotografi famosi”, non si rendono conto di danneggiare il mercato e quindi se stessi se decidessero di voler intraprendere la professione di fotografo.

Conclusioni
"Siamo ormai tutti fotografi" e chiunque ha una buona reflex digitale può contribuire alla produzione (e l’utilizzo da parte dei fruitori) di buone foto.
Ma chi desidera lavorare in fotografia nel settore della foto di stock, di archivio, il mio consiglio è quello di rinunciare a meno che non sia un modo per divertirsi.
Per ora la fotografia su commissione, quella prodotta per documentare congressi, cerimonie, still-life per cataloghi… sopravvive.
Della foto giornalistica dedicherò un post a parte.
Questo post sarà comunque da me approfondito nel tempo perché… non è tutto.

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