Vi racconto la mia unica esperienza con il cinema. Quando fui fotografo di scena per caso durante le 6 settimane tra le più belle della mia vita.
Era il 1995 e lessi su Il Mattino che il regista Antonio Capuano cercava un ragazzino per il suo film Pianese Nunzio, 14 anni a Maggio che doveva essere il protagonista del film. I requisiti, una volta letti, mi resi conto che corrispondevano ad uno dei miei nipoti e telefonai all'ufficio casting della produzione per un appuntamento, non prima di aver parlato con mia sorella per avere il consenso ad accompagnare al provino suo figlio.
Al provino erano presenti Antonio Capuano, Antonio Farina (scenografo ma che in quell'occasione si occupava di fare le riprese-video dei test) e Claudio Grimaldi che normalmente scrive testi per cinema e TV (tra l'altro è dialoghista di un posto al sole) ma in quell'occasione si occupava del reclutamento di attori, figuranti, comparse.
Terminato il provino, regalai a Capuano una foto in bianconero f.to 18x24 scattata dopo una conferenza stampa in occasione dell'edizione precedente degli Incontri Internazionali del Cinema di Sorrento nella quale c'erano lui, Pappi Corsicato, Gianfranco Pannone, Mario Martone, Antonietta De Lillo, e tutti gli altri giovani registi del nuovo Rinascimento napoletano.
Quella foto gli piacque molto e l'appese in bacheca nell'ufficio della produzione.
Dopo qualche giorno fui ricontattato, volevano rivedere mio nipote. Aveva probabilmente passato la prima selezione e il cerchio si stringeva a 4-5 ragazzini di 13-14 anni.
Ma non andò bene. Almeno così sembrava...
Dopo un altro paio di settimane mi telefonarono di nuovo senza dirmi nulla. Mi convocarono semplicemente per andare lì. Non chiesero di mio nipote e pensai che forse volevano che firmassi una liberatoria, un contratto per farlo partecipare al film.
Come entrai in ufficio orecchiai dai corridoi "il fotografo di scena"... e pensai "peccato non lo facciano fare a me"... Mi accolse ormai il compianto Alessandro Vivarelli, figlio del produttore Gianni Minervini (Premio Oscar per il film Mediterraneo di Gabriele Salvatores) che mi propose di fare il fotografo di scena per il film.
"Azz", pensai lì per lì... "e ora?". Avevo già avuto esperienza per la fotografia di scena? No, a parte le foto fatte durante i concerti o in occasione di qualche spettacolo teatrale. Alessandro allora mi spiegò cosa gli serviva e come avrei dovuto lavorare. Mi fece unn corso di fotografia di scena in 3', praticamente.
Gli servivano foto in bianconero e a colori, tutte poi consegnate in provini il giorno dopo. All'epoca non esisteva la fotografia digitale e quindi si scattava con corpi macchina differenti che divennero presto 3 per quel lavoro perchè il produttore, Minervini, voleva anche le diapositive delle stesse inquadrature.
Di fronte all'impossibile non mi spaventai, mi ricordai certi film con Paul Newman dove lui era così testardo che dimostrava di poter andare oltre i suoi limiti e feci tesoro di quei film calandomi in quei suoi personaggi.
Ma perchè avevano scelto me come fotografo di scena? Semplicemente perchè ad Alessandro Vivarelli era piaciuta molto anche a lui quella 18x24 che lasciai a Capuano.
Le riprese iniziarono in un caldo Ottobre del 1995. Disponevo solo di 2 corpi macchina e il 3° me lo feci prestare da un amico. Il contratto prevedeva 5 settimane di lavorazione per 5milioni delle vecchie lire + le spese di pellicole, sviluppi e stampe. Tanti soldi non li avevo mai visti tutti insieme nella mia vita, ma 1milione di lire se ne andarono per comprarmi il mio primo cellulare-scarpone con contratto Tacs (arrivava la bolletta a casa all'epoca) e altre 6-700mila lire (ca. 350,00 euro) se ne andarono per comprarmi un'altra Nikon in modo da poter restituire all'amico il suo corpo macchina.
Furono bei giorni, nonostante i cazziatoni del produttore che appena arrivava sul set mi rimproverava del fatto che c'erano troppe foto fuori-scena e non vedeva le foto del film, ma il figlio Alessandro era lì a difendermi dicendo che c'era tutto il materiale che serviva.
Era affascinante vedere la costruzione di un set, i tecnici delle luci (Matania Lightning) che andavano sù e giù come spidermen sotto la direzione di Antonio Baldoni, il direttore della fotografia; Pietro Baldoni, l'operatore di ripresa imbracato come un robocop che provava i movimenti di macchina con la steadycam; le comparse del rione Sanità, il "silenzio per favore" del fonico Tiziano Crotti, prima di ogni ciak; le fighette che si fermavano sui set in esterni con la speranza di essere notate per diventare magari delle star del cinema; il furgoncino che arrivava con i cestini per la pausa pranzo e che sparivano in pochi secondi; Fabrizio Bentivoglio che arrivava col suo charme in giacca di velluto di marrone chiaro e Il Manifesto nella tasca; Sandro Dionisio con la sua videocamera che documentava i back-stage; la visita di Mario Martone nei vicoli della Sanità; Capuano che s'incazzava perchè mancava un figurante e andava avanti a botte di scatolette di latte condensato; le lunghe attese prima del ciak; il freddo cane che scoppiò fin dai primi giorni di quel Novembre...
Me la cavai. Più di quanto si aspettavano.
Una mattina si doveva girare all'interno del Suor Orsola Benincasa ed arrivò da Roma uno di quei fotografi super-professionali con la 6x6, fondale, bank. Era stato chiamato per realizzare le foto per il manifesto. Quando uscì il film nelle sale, tutte le locandine del film che stavano nelle bacheche dei cinema erano foto mie, ma anche il manifesto che realizzarono alla fine era una mia foto di scena (v. a destra).
Le immagini scattate parteciparono poi nel 1999 al Cliciak di Cesena ed ebbi una menzione d'onore "per il complesso delle opere presentate e per la ricchezza delle soluzioni figurative".
Poi tutto finì. Le cose belle della vita non durano in eterno.
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