sabato 1 agosto 2020

CARO CARLO VERDONE TI VOGLIO RACCONTARE

Lettera aperta a Carlo Verdone in occasione della sua personale fotografica al museo MADRE a Napoli del 30 luglio

"Nuvola casuale a caso", Ph. fotofonino di Marco Maraviglia


Ah Carlooooooo… t’ho riconosciuto da sotto er casco mentre me hai sfrecciato in moto davanti ar naso … te vojo raccontà ‘na cosa.


Molto umilmente hai accettato di condividere pubblicamente al museo MADRE le tue emozioni esponendo i tuoi cieli rannuvolati.
Ammirevole. Poche persone hanno il coraggio di sfoderare le proprie intimità, aprire il cassetto dell’anima, la scatola dei ricordi e mostrarle. Io stesso avrei ad esempio molto pudore nel conservare calzini sporchi e puzzolenti per farne un’installazione al MoMA
Mettersi psicologicamente a nudo ma anche fisicamente nudi in pubblico, è una prerogativa essenziale dell’artista. 

Il tuo lavoro è certamente interessante perché realizzato da un personaggio già pubblico quale sei. Perché tira e forse (speriamo) incrementerà un po’ lo sbigliettamento al MADRE come è successo per un semplice post su Instagram della Ferragni agli Uffizi
Siamo un popolo affamato di gossip. Seguiamo noti influencer sui social, di personaggi dello spettacolo per lo più. Le riviste patinate del gossip non ci bastano più. Ci piace apprendere dai social castronerie dette da un Bocelli (che poi si è scusato)… perché siamo leoni da tastiera disposti a cambiarne una ogni mese consumandone i tasti per scrivere altrettante boiate. 

Il tuo lavoro è più interessante di quello di tanti altri fotografi (professionisti e non) che scattano foto al cielo ma che non hanno mai pensato di farci una mostra ritenendole banali. Perché nell’arte c’è la famosa frase che forse conosci "lo potevo fare anch'io" detta spesso da artisti frustrati che non riescono ad arrivare primi a un concept per proporlo in una mostra. 
Ammirevole che tu sia arrivato primo pur non essendo un fotografo professionista. E brava è stata anche la grande intuizione della Sgarbi che ti ha spronato. 

Eppure di cieli con nuvole la rete ne è zeppa. E infatti Carlè, mi devi scusare per questo mio tono ironico se non si era capito fin qui. 
Essere già personaggio pubblico per le tue indiscutibili qualità di autore, regista, attore, forse ti ha aiutato in questa operazione. E dico “forse” perché la mostra non l’ho vista. 
Ma da quanto ho visto in rete, perdonami se ho la presunzione di averne afferrato il senso e le caratteristiche. 

Ci sono fotografi e artisti che sono “perplessi” (la parola che mi viene più dolce) per questa mostra. Alcuni volevano esserci alla prima ma gli è stato negato l’accesso per le norme anti-Covid. 
Sai Carlè, l’inaugurazione era stata pubblicizzata con “ingresso fino ad esaurimento posti” ma sembra, e dico sembra perché non mi fido mai delle voci che mi giungono, che i posti erano già esauriti in base a una lista di invitati di circa 140 persone. 
Ma questo non è un problema tuo, giusto per farti sapere che i tuoi veri fan, sono stati rimandati a casa mentre tu eri dentro emozionato (e ci mancherebbe!). 
E non sto qui a lanciare illazioni personali su un certo establishment. Non è nel mio stile. 

Ma una cosa voglio dirtela, anche più di una… 

La moda delle mostre di registi che fanno mostre di fotografia non è obbligatoria. Passi Wenders e Kubrick e qualcun altro ma parliamo di una roba ben diversa. 
Ci sono artisti che lavorano da anni per sviluppare la loro dialettica artistica sperando che i loro lavori approdino nei musei come coronamento al loro percorso. A volte sono di una certa qualità. 
Ma spesso non sono presi in considerazione per quegli “strani” meccanismi del sistema-arte di cui tanto ci ha descritto Giorgio de Chirico nelle sue memorie o Angela Vettese che qualcosa di sistema-arte ne sa. 

Forse non lo sai, ma la quotazione delle opere di un artista dipende molto, infatti, dal riuscire ad essere battuto in un’asta importante o essere “musealizzato”: pensa che alcuni regalano le loro opere pur di poter dire che un certo museo possiede i suoi lavori. Ma sono episodi che lasciano il tempo che trovano. 
Poi ci sono grandi collezionisti come Charles Saatchi che acquistava opere da studentelli delle accademie per rivenderle a prezzi da capogiro. Un grande comunicatore (è quello della Saatchi & Saatchi, per intenderci) che aveva capito come usare il suo carisma e le sue abilità di venditore. Dell’arte ne ha fatto un gran business di marketing. E i neo-artisti dell’epoca immediatamente super-quotati, ancora ringraziano. 

Ma non è questo che volevo dirti Carlè, almeno non solo questo. 

Ovviamente non lo sai perché non sei uno che interagisce sui social (vedo che difficilmente o mai rispondi ai fan sui tuoi post come fa un Gianni Morandi qualsiasi o un Carlo Massarini o Fiorella Mannoia e tanti altri, ma non è una colpa, eh), non sei nei gruppi Facebook di cultura fotografica e quindi te lo scrivo qui: da anni fotografi e critici della fotografia si battono contro le immagini ridondanti, simili, uguali, déjà vu, banali… quindi spesso inutili. 

Pensa che esistono artisti che lavorano proprio sul riciclo di immagini già fatte da altri realizzandone installazioni. Non scattano foto. Riproducono quello che trovano, lo trasformano, ne decontestualizzano i contenuti. Per evitare inquinamento visivo con la sovra-produzione di foto ridondanti ma anche per arginare quello che io chiamo “byte-inquinamento”: foto che non vale la pena che “vivano” perché riempiono le memorie degli hard-disk costringendoci ad acquistarne nuovi per contenere spesso tanta munnezza che non servirà mai. 

Non voglio parlarti dell’operazione di Richard Prince che prende foto di vari autori da Instagram, le stampa in gigantografie e se le vende a qualche milione di dollari. Uh, ma l’ho accennato! 
Ti voglio raccontare ad esempio di una certa Penelope Umbrico che, con una certa ironia, preleva foto di tramonti che trova su Flickr (spero che sappia cosa sia) e ne realizza installazioni. Un modo per evidenziare la ridondanza di un soggetto: il tramonto. 
È il nuovo ready-made duchampiano. New-dadaism. Tipo quello di Sherrie Levine che riproduce foto di Edward Weston ricontestualizzandole con il concept del riuso. 

Bene, non so se sono riuscito a comunicare il messaggio. Cercherò di essere più chiaro… 

La già citata Penelope Umbrico ha realizzato anche un’installazione simile a Sunsets from Flickr sfruttando come soggetto le “clouds”. Trattasi di dettagli presi da dipinti della collezione del Victoria and Albert Museum di Londra. Con un’estetica, una dialettica artistica, una poetica che va molto al di là di “semplici” fotografie incorniciate di cieli con nuvolette.
E aggiungo inoltre che Luigi Ghirri nel 1974 realizzò, Infinito, 365 fotografie scattate alle nuvole nel corso di un anno. Magari non belle come le tue ma forse perché l'annata all'epoca non andò alla grande. Ma Ghirri ce lo ricordiamo per ben altro.
Vogliamo andare anche più indietro nel tempo? Puoi provare a googlare Alfred Stieglitz che nel 1922 iniziò a fotografare nuvole realizzando Equivalents: foto-Grafie in cui il soggetto è evidenziato da un'estetica grafica eccellente per quei tempi.

Insomma Carlè, tu sei un sacco bello, me fai ride, ma stavolta me hai fatto ride tuo malgrado. 
Ah Carlè volevo dirte che per me sei come n’amico eh, e io agli amici ce dico sempre quello che penso. Spassionatamente. Incondizionatamente. 
Ti lascio con un commento che ha scritto un artista che pure vojo un sacco bene. È la sintesi dell’operazione-nuvole che avrei voluto scrivere personalmente, ma io so’ prolisso: 

Il Madre è un museo di arte contemporanea votato alla divulgazione del prodotto artistico contemporaneo, ha il ruolo (come tutti i musei, del resto) di storicizzare autori che "meritano o meriterebbero" essendosi contraddistinti nel proprio percorso. Arrivare in un museo dovrebbe essere un traguardo importante. Il problema non é il probabile autore Verdone, ma il prodotto al quale é stato concesso uno spazio importante. Troppo importante. 

- Massimo Pastore Luciano, artista 

N’abbraccio. 



Bibliografia consigliata: 
Lo potevo fare anch’io, di Francesco Bonami. 
Lo squalo da 12milioni di dollari, di Donald Thompson. 
La furia delle immagini, di Joan Fontcuberta. 
Artisti si diventa, di Angela Vettese. 
Memorie della mia vita, di Giorgio de Chirico.