martedì 12 giugno 2018

Amusement Places - Stefano Cerio e la solitudine dei luoghi da ascoltare

Amusement Places, i luoghi metafisici del divertimento.

Fino al 15 luglio in mostra presso La Casa della Fotografia - Villa Pignatelli




Finzione o realtà?

Sembrano modellini, scenografie posticce, plastici in cui ci si è dimenticati di inserire gli omini in scala. I rapporti spazio-temporali tra uomo e luoghi sono annullati. Totale assenza della presenza umana. A un primo sguardo sembrano fotomontaggi, luoghi immaginari, grotteschi, impossibili. Ma è tutto vero.
La realtà che ci presenta Stefano Cerio è drammaticamente, o immagnificamente se si preferisce, paradossale.
Il pensiero e la mano dell’uomo compiono “attentati” al paesaggio col fine di far stare bene gli umani attraverso il divertimento di massa. I non-luoghi del 21° secolo.

Amusement Places è la sintesi di una ricerca personale di un fotografo dal carattere gioviale, che sprizza simpatia con un lato ironico e sarcastico che trasmette attraverso le proprie immagini.
Il suo punto di vista è esterno. L’occhio di un grande fotografo in effetti deve sempre essere esterno, distaccato, anche se fotografa un uomo in fiamme o una bambina che fugge da un’esplosione al napalm.

Stefano documenta, con una sorta di still-life urbano, atmosfere verosimili ricreate con la luce ambiente del mattino o con spari di flash nella notte con esposizioni di 1/250” (Night ski e Night games) per azzerare ogni infiltrazione parassita della luce ambiente. Una leggera schiarita sulle ombre in postproduzione e le sue immagini assumono uno stile inconfondibile.

L'inquietidudine del silenzio

Qual è il mondo che viviamo? Quello in cui siamo dentro, consumando, spendendo, divertendoci o quello che ci è mostrato mentre dormiamo o stiamo rintanati in casa perché fuori fa freddo? Entrambi.

Solo che durante i nostri sonni fuori c’è una pace o un incubo che non viviamo e nei (non)luoghi di Amusement Places ci vengono mostrati nel loro esistenzialismo nudo e crudo.
Se Edward Hopper dipingeva l’inquietitudine del silenzio, Stefano Cerio lo fa con la fotografia.

Se Giorgio de Chirico dipingeva situazioni metafisiche, ecco che architetture grigie e apparentemente inabitate in contrasto coi colori di scivoli acquatici e giostre ci riportano a quelle sensazioni.
E con punte di surrealismo onirico come la gigantesca scultura di polistirolo (Huairon -2013) che segnala la presenza di una zona produttrice di frutta e che ricorda Camera d’ascolto di magrittiana memoria.

Lo spazio metafisico

Si perde il senso dello spazio urbano di quelle città dell’Est che ha normalmente un’alta densità di popolazione con strade affollate.
Il senso del tempo, in Cina e in Giappone, è legato alla produttività. Non c’è tempo da perdere. Ce lo ricordano i giganteschi orologi piazzati nelle spiagge deserte dell’alba che in quei momenti soltanto loro vivono, inutilmente nella notte, cadenzandone i minuti.

Spazio, tempo, frenesia, tutti i ritmi urbani sono azzerati.

Immagini soft e luminose di albe dai cieli bianco lattiginoso che sovrastano mega-strutture del divertimento dalle contaminazioni estetiche occidentali.

- A Pechino ero stato a fare un sopralluogo per studiare il punto di vista da cui avrei fatto la foto - racconta Cerio - Tutto perfetto. All’alba del giorno dopo stavo sul posto e non potei realizzare lo scatto che mi serviva perché insolitamente il cielo era azzurro. Mi dissero che avevano spento le centrali a carbone in quanto c’era l’elezione del loro Presidente e dovevano “colorare” un po’ il cielo attenuando l’inquinamento dell’aria -

Caratteristiche tecniche della mostra

La mostra si estende in cinque sale che mostrano i progetti di Stefano Cerio legati al divertimento di massa.
Stampate in grande formato su carta Canson o Hahnemühle e queste ultime incorniciate con vetro sintetico antiriflesso, le fotografie sono state scattate con L’Ebony (macchina a pellicola 4x5) e un'Alpa che monta un dorso phase one iq3 100.

C’è uno spazio in cui sono proiettati due video in loop realizzati dall’autore e che in rallenty mostrano altrettanti aspetti paradossali di scene di vita crocieristica.
In un’altra sala sono esposte in vetrina alcune immagini tratte da Night Games accompagnate da versi dello scrittore Tommaso Ottonieri.



L’esposizione, curata da Denise Pagano, è promossa dal Polo Museale della Campania, diretto da Anna Imponente, in collaborazione con gli Incontri Internazionali d’Arte e lo Studio Trisorio.

Sede espositiva
Museo Pignatelli, Napoli
Riviera di Chiaia, 200
tel. 081 669675
pm-cam.pignatelli@beniculturali.it
facebook.com/villapignatellicasadellafotografia

Periodo: 6 giugno -15 luglio 2018
Biglietto: intero: € 5
Orario: Ore 10-17 (ultimo ingresso ore 16); martedì chiuso

Sito web
www.polomusealecampania.beniculturali.it

Ufficio Stampa
Polo museale, Simona Golia, Tel. +39 081.2294478; pm-cam.uffstampa@beniculturali.it
Studio Trisorio, info@studiotrisorio.com





Luciano e Marco Pedicini in mostra: Metabolismo Napoletano


Metabolismo Napoletano. L’arte antica e contemporanea si interconnettono trasversalmente. A Palazzo Zevallos Stigliano.






Un Paradiso abitato da demoni

Napoli. Lì dove tutto può essere il contrario di tutto, luoghi e azioni si sovrappongono, si decostruiscono, le piazze si trasformano per rinascere sotto nuove forme.
La sirena Partenope era un uccello che divenne pesce. L’illuminazione di via Eldorado a Borgo Marinari da gas diventò a led. Palazzo Fuga cambia destinazioni d’uso nel corso degli anni…

In fondo parliamo un po’ di quel che fu definito da qualcuno un Paradiso abitato da demoni.
Parliamo di quella città di cui Goethe notò quanto fosse pulita rispetto ad altri luoghi visitati perché tutti i residui dei mercati erano raccolti per farne compost nelle campagne circostanti.

Una città a strati. Medioevo, civiltà greca, nuclei romani, spagnoli… L’archeologia ritrovata resta e il contemporaneo è liquido. Mobile. Tutto compostabile, tutto rigenerabile, tutto metabolizzabile. È il Metabolismo Napoletano.





Elementi urbani si interconnettono con quelli delle varie civiltà approdate nella città. Tufo, piperno, cemento armato, arte antica e moderna si implementano. Simbiosi ed osmosi del territorio. È una città che vive, che respira, si ricicla. Nulla è mai come prima. Tutto convive tra affinità e associazioni culturali. Crescendo, rinnovandosi, a volte cascando nell’obbrobrio e nello scempio, altre volte manifestandosi nella grande bellezza.

Il metabolismo dei Pedicini

È un processo metabolico inevitabile per una città creativa a prescindere. Catabolismo e anabolismo.Metabolismo Napoletano di Luciano e Marco Pedicini.
una ricerca di associazioni mnemoniche tra territorio, arte e architetture di Napoli durata oltre un anno e presentata nel 2017 all'Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles.

Per oltre un anno padre e figlio, con il contributo di Maria Antonella Fusco, hanno individuato quelle che potevano avere affinità tra l’arte antica e quella contemporanea creando dittici e polittici, talvolta con coincidenze che ne riprendono analoghe composizioni geometriche. Ispirazioni a volte tratte dalla consultazione del loro archivio fotografico che conta oltre 60.000 immagini dell’arte di Napoli.Relazioni che valorizzano l’identità, della cultura e dell’arte del territorio.

E così uno scorcio dell’atelier di Giuseppe Pirozzi è associato a quello del deposito del MANN, cosarella di Vincenzo Gemito si ricollega alla ragazzina rom dipinta da Jorit sulla facciata di un palazzo a Ponticelli. L’urlo dell’internato dipinto dallo street-artist Blu sui muri dell’ex OPG è al centro di un trittico che comprende le anime disperate dei dannati trasportati da Caronte di Pedro de Rubiales.





E gli accostamenti continuano, con opere contemporanee di Augusto Perez, Jannis Kounellis, Francisco Bosoletti e altre ancora, con archeologia, dipinti e architettura del passato ritratti nei luoghi storici della città: Castel Capuano, Castel dell’Ovo, la necropoli ellenistica della Sanità gestita dall’Associazione Celanapoli, la Piscina Mirabilis


Specifiche tecniche delle opere

Sono opere che rafforzano la memoria culturale di Napoli attraverso un immaginario (de)costruito che aiuta alla conoscenza trasversale dei periodi storico-artistici vissuti dalla città tra la superficie e l’underground archeologico e quello delle stazioni d’arte della metropolitana.Quindici opere in esposizione: 11 dittici, 3 trittici e un polittico.

Pannellate e senza vetro, per farne apprezzare la plasticità dei materiali fotografati, e stampate con il loro plotter su carta Hahnemühle Photo Rag Baryta.
Le immagini sono scattate con Hasselblad H6D-100c e con obiettivo decentrabile sono per lo più realizzate con lunghi tempi di esposizione, anche per ottenere qualche effetto panning, con l’utilizzo di flash o torce a luce continua per sfruttare talvolta la tecnica del Light painting e dell’esposizione multipla.
Il catalogo della mostra è edito da Arte’m e contiene un saggio introduttivo di Maria Antonella Fusco, Direttrice dell’Istituto Nazionale per la Grafica.


APERTURA AL PUBBLICO: 9 giugno 2018 – 30 settembre 2018
Metabolismo Napoletano di Luciano e Marco Pedicini
Gallerie d’Italia – Palazzo Zevallos Stigliano – Via Toledo, 185 Napoli
dal martedì al venerdì dalle ore 10.00 alle ore 18.00 (ultimo ingresso ore 17.30); sabato e domenica dalle ore 10.00 alle ore 20.00 (ultimo ingresso ore 19.30), chiuso lunedì
Aperture straordinarie: 15 agosto con ingresso gratuito

Informazioni: numero verde 800.454229; info@palazzozevallos.com; www.gallerieditalia.comBiglietto: intero 5 euro, ridotto 3 euro.

BIO:
Luciano Pedicini
Marco Pedicini