giovedì 12 febbraio 2015

Expo e Photoshop: pubblicitari, mica fessi!

L’accesa polemica in rete sul presunto cattivo utilizzo del Photoshop per la comunicazione del sito ufficiale dell’Expo dovrebbe far riflettere...



Media e click pubblicitari
Banner del sito dell'Expo

A volte si innescano polemiche senza contare fino a cento. È sempre più raro che una critica su qualcosa arrivi da un esperto, da un luminare dell’argomento che abbia un po’ di buona volontà per spiegare come funzionano certe cose.
Il peggio è che la maggior parte dei media hanno degli asset lacunosi nelle loro redazioni, giornalisti che non hanno la “dotazione di bordo” necessaria per poter affrontare certi argomenti e allora cercano sui social la polemica giusta per costruirci sopra l’articoletto che serve almeno a far fare i numeri giusti di click sui bannerini pubblicitari delle loro pagine.


Pubblicitari, mica fessi

Voi pensate che veramente chi gestisce la comunicazione dell’Expo non sia stata capace di realizzare fotomontaggi con gli scontorni giusti?
Voi avreste preferito per caso dei fake, delle immagini false, dei fotomontaggi con gli scontorni puliti e con tanto di ombre al punto giusto che vi avrebbero indotto in errore?
Poi non avreste ugualmente scatenato l'inferno in rete scrivendo che sono immagini ingannevoli, che il cinese in primo piano lo conoscete e vi ha detto di non aver mai posato in mezzo a quella gente ritratta nella foto?
Vi piacciono le foto delle spiagge dove non c’è nemmeno una lattina di CocaCola nella sabbia? Beh, quella spiaggia probabilmente non esiste come quella palma che vedete flettersi verso il mare.


Sarà neo- Pop Art?

Richard Hamilton
Richard Hamilton. A qualcuno forse suona nuovo questo nome eppure è stato colui che ha aperto nel 1956 la strada della Pop Art col suo Just what is it that makes today's homes so different, so appealing? (traducibile in "Che cosa esattamente rende le case moderne così diverse, così attraenti?").
Un collage realizzato quando il Photoshop non esisteva e che potrebbe essere associato alle immagini dell’Expo tanto messe in discussione da fotografi, grafici, dai tanti esperti di postproduzione della rete.

Le analogie tra le immagini dell'Expo con questo quadro di Hamilton sono le seguenti:
  • alternanza di parti a colori ed altre monocromatiche
  • scontorni approssimativi
  • assoluta "dissociazione" prospettica
  • mancanza delle ombre
  • sproporzioni dei soggetti nell’inquadratura
  • profondità di campo su piani alterni

Globalizzazione e #cartadimilano

Ma, elemento essenziale nell’opera di Hamilton, è il tema, quello che ha innescato tutti i meccanismi di produzione artistica della Pop Art: la cultura di massa, il consumismo, l’alba di un mondo che si apprestava alla globalizzazione; con tutti i suoi pro (pochi) e contro (tanti) che ne sono poi scaturiti.

Fa parte del concept-Expo la globalizzazione della produzione e consumo alimentare. Lo scambio di ricette tra le nonnine del pianeta. Sulla carta tanta bella roba che si dovrà tradurre nella firma a più mani della #cartadimilano ma che probabilmente si risolverà con la grande abbuffata del secolo. Perché a pensar male quasi sempre ci si azzecca.


Supposizioni

Ovviamente la mia è solo supposizione, interpretazione. Non ho rintracciato l'agenzia di comunicazione o i tipi dell'Expo per chiedergli le motivazioni delle scelte grafiche di queste immagini. È il giornalista che dovrebbe farlo.
E comunque non sarebbe la prima volta che i pubblicitari si lasciano ispirare dall'arte per le proprie campagne come in passato mi sono già espresso.
Ma continuate a leggere fino in fondo: c'è una sorpresa che lascia a bocca aperta!


Precarietà

Personalmente ci vedo comunque tanto di precario in questo Expo. Da chi è stato arrestato ed indagato ai tempi di realizzo: se per marzo riusciranno veramente a completare i lavori per la realizzazione di tutti i padiglioni, non mi meraviglierebbe se si vedessero gli edifici con gli “scontorni grezzi”, senza ombre, senza punti di fuga prospettici… le immagini in questione potrebbero essere state in tal caso grandi premonitrici.


La vera verità del caso

Grazie alla segnalazione di Veronica Amaranta, pubblico la risposta a lato di Fabio Fornasari, l'artefice delle immagini oggetto del post.
Che dire, che tutta la mia teoria fin qui supposta casca.
Ci troviamo infatti di fronte al solito caso di mala-comunicazione all'itagliana.

Immagini ancora non definite che fuoriescono dai computer e vengono ufficializzate in tutta la loro approssimazione per la fretta, per dimostrare "la buona volontà" che non ci serve.
È l'eccellenza e il riconoscimento di essa che fa di un Paese un vero Paese. Quello della cura del dettaglio, del Made in Italy che ci veniva invidiato negli anni '60-'70 in tutto il mondo.
A Napoli chiamiamo "arronzoni" quelli che lavorano superficialmente.
Qui sembra che ci sia un intero Paese che si sta dimostrando arronzone.








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