Voglio proprio vedere. L’ultimo libro di Michele Smargiassi che rivela pensieri non detti ma forse pensati di sei fotografi famosi.
Nadar, Eugène Atget, Tina Modotti, Robert Capa, Vivian Maier, W. Eugene Smith intervistati da Michele Smargiassi in interviste impossibili ma plausibili.
Un libro che sembra un film e che divulga aspetti insoliti di sei grandi maestri della fotografia.
Dite la verità, non vi piacerebbe poter incontrare un vostro caro che non c’è più, lì dove avete trascorso un momento felice della vostra vita e parlargli?
Avete mai provato a fare una seduta spiritica e portare voi stessi il piattino sulle lettere per darvi le risposte che volevate da un vostro antenato?
O avere magari in casa una olografia del vostro amico peloso che non c’è più per farvi qualche coccola a vicenda?
Bene, Michele Smargiassi, giornalista, scrittore e critico fotografico per La Repubblica, ci è riuscito.
Gli è bastato entrare nella sua macchina tempo-mentale per catapultarsi nel secolo scorso ed intervistare sei grandi fotografi: Nadar, Eugène Atget, Tina Modotti, Robert Capa, Vivian Maier e W. Eugene Smith.
Interviste realizzate con quella curiosità che lo contraddistingue, incalzanti ma con educazione, presentandosi in punta di piedi, con discrezione, alle proprie prede. Ottenendo dichiarazioni mai avute o forse sì, ma con approfondimenti di dettagli storici, tecnici e, innanzitutto, psicologici di alcuni di questi fotografi.
Voglio proprio vedere sembra una vera e propria sceneggiatura di un film in sei episodi. Dove Smargiassi con occhiali e pizzetto, camicia a quadri e polacchine, passa dall’800 al ‘900 e capita nel luogo giusto come se già sapesse dove andare a cercare i suoi amici che però non conoscono lui.
Amici, i foto-star, che quando gli sentono dire che viene dal secolo successivo, non battono ciglio. Quasi come se fossero più picchiatelli di lui accettando la situazione anacronistica dell’intervista postuma.
Interviste che non possono non piacere a chi ama aneddoti, curiosità, fattarelli e l’aspetto psicologico ed umano delle persone. A prescindere se siano fotografi o le commesse di un supermercato.
Qui non troverete pettegolezzi ma, grazie al lavoro introspettivo delle domande di Smargiassi, i fotografi intervistati non sempre hanno saputo nascondere i loro dolori, le loro crisi psicologiche e creative.
Robert Capa pur essendo stato definito il più grande fotografo di guerra, si scopre che la detestava e che preferiva fotografare i VIP, gli attori e che il suo nome d’arte fu studiato a tavolino per una questione di marketing. Faceva più effetto.
Un W. Eugene Smith strafatto da anfetamine che registra e cataloga bobine magnetiche di suoni e voci nel suo loft senza quasi sapere perché e che fa riflettere su qualcosa di cui pochi fotografi oggi si interessano: la giusta impaginazione dei servizi fotografici e l’editing delle foto come se fossero appunti di un taccuino da sviluppare.
Una riservatissima Vivian Maier di cui nemmeno lei sembra sapere perché si ostina a fotografare e che, tanto che è riservata, sugli scaffali sistema i libri con il dorso verso il muro perché nessuno sappia cosa legge.
Ma c’è tanto altro.
Nelle interviste il lettore vi si immerge come se stesse accanto a Michele Smargiassi mentre incalza Tina Modotti a riprendere ad essere fotografa o come se fosse anche lui a tirare una fune per tener ferma la mongolfiera di Nadar.
Qualcuno gli dà del lei, qualcuno il tu e i dialoghi sono adattati, calzano a seconda delle personalità dei fotografi.
Voglio proprio vedere è un modo per (far) raccontare storie di fotografia, storie che si imprimono più facilmente nella memoria proprio perché provengono dalla voce lontana dei protagonisti. Cose non dette da loro ma plausibili. Perché Michele Smargiassi è uno scrigno di conoscenze della storia di questi maestri della fotografia ed immagina che quelle potrebbero essere veramente parole da loro pronunciate. Perché non è uno che scrive restando alla scrivania ma viaggia, incontra, chiede, arricchisce il suo patrimonio della conoscenza spulciando anche in vecchie librerie ponendosi domande. Per poi porle ai diretti interessati. Anche entrando nella sua macchina tempo-mentale se questi sono lontani un centinaio di anni.
In Voglio proprio vedere qualche domanda ha qualche risposta che potrebbe sembrare non vera. Ma in fondo la fotografia non è verità, forse realtà. E alla domanda a W. Eugene Smith <<Per cosa sta quella W. Davanti al suo nome?>>, il fotografo gli risponde <<Sta per Wonderful, che altro?>> facendoti pensare che potrebbe essere vero. Ma anche no.
Wonderful… un libro veramente meraviglioso.
Voglio proprio vedere
Di Michele Smargiassi
Edizioni Contrasto
24,90 euro
155pgg; 36 fotografie
NOTE TECNICHE DEL LIBRO:
Prima di ogni intervista in font graziato, vi è una breve descrizione biografica del fotografo intervistato
con testo in san serif.
I margini interni sono ampi dando facile leggibilità di lettura.
Rilegatura a filo refe.
Copertina rigida.
Dorso in tela.
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